Intercettazioni I finiani mirano a demolire il ddl

Il lavoro certosino di Fini e dei suoi in Parlamento per mettere i bastoni tra le ruote alle azioni del governo e della maggioranza è andato avanti anche ieri in Senato. Nella pioggia di emendamenti (361 in tutto, 17 del Pdl, 41 dell’Udc, 115 dell’Idv e 143 del Pd) abbattutasi sul ddl intercettazioni, in questi giorni in discussione nella commissione Giustizia di Palazzo Madama, le cinque proposte di modifica presentate dai finiani Baldassarri e Musso si distinguono per l’incisività del tentativo di demolire l’impianto generale del provvedimento.
I cinque emendamenti presentati dall’accoppiata mirano infatti ad alleggerire la stretta alle intercettazioni voluta dalla maggioranza. I due senatori, fedelissimi del presidente di Montecitorio, puntano a scardinare uno dei punti fondamentali del disegno di legge: viene proposto infatti di correggere la norma che consente le intercettazioni solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza» della persona da intercettare.

Su questo punto, che aveva fatto gridare allo scandalo l’opposizione tutta, Baldassarri e Musso hanno presentato un emendamento degno dell’Italia dei valori: chiedono infatti di cancellare l’aggettivo «evidenti» dal testo del ddl, in modo che per autorizzare le intercettazioni siano sufficienti semplici «indizi di colpevolezza».

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