Internet e nucleare: c’è vita nel governo

Ci vorrebbe così poco. Sì, davvero poco. Ai ministri che si riuniscono a Palazzo Chigi consigliamo la lettura della garbata lettera dell’imprenditore Massimiliano Spina che pubblichiamo a pagina 7. Non chiede un euro in più. Non vuole aiuti. Pretende solo un po’ di burocrazia in meno. E per di più la invoca per pagare meglio le proprie imposte. Ci vorrebbe così poco per rimettere in moto la macchina della nostra economia. Siamo dotati della risorsa più importante: gli imprenditori. Gli altri hanno il petrolio, noi gli uomini. Quando sentite parlare di competitività del Paese, è questo ciò di cui stiamo parlando. Certo è più facile fare un centinaio di convegni, tavoli, ricerche, interminabili incontri (...)
(...)sindacali. Servirebbe solo un po’ di buon senso.
Si dice che il governo è in tutt’altre faccende affaccendato. È solo in parte vero. Nessuno può negare che la crisi tutta interna alla coalizione di maggioranza abbia rallentato la velocità delle scelte dell’esecutivo. Ma come dimostra il Consiglio dei ministri di ieri, sotto traccia Berlusconi e i suoi danno segni di vita. Hanno messo a punto l’Agenzia per la sicurezza sul nucleare e al suo vertice hanno nominato un senatore della sinistra, Umberto Veronesi. Un uomo al di sopra di qualsiasi sospetto, due spalle talmente larghe da sopportare la sciagurata scelta che fu fatta contro l’atomo dai governi della prima Repubblica (tutti i partiti con la nobile eccezione dei liberali). Una nomina bipartisan, difficile da contestare. Ma non solo. In una giornata di buona forma, il Consiglio dei ministri ha deciso di cancellare le sciagurate norme (fatte in un momento di emergenza proprio da un ex ministro di Forza Italia) che impedivano agli italiani di navigare su internet accedendovi senza identificazione. Insomma, eravamo obbligati a connetterci alla rete nei luoghi pubblici solo previa fotocopia della nostra carta di identità: una richiesta cinese. Che si giustificava per motivi di sicurezza, ma che con le moderne tecnologie fa ridere. Non è un caso se in tutta Italia ci sono solo 4.000 punti pubblici in cui collegarsi alla Rete. Quando vi parlano di ricerca, innovazione, competitività e produttività, si pensa sempre alla Luna, ma si potrebbe partire dalle piccole cose, per di più a costo zero. Al Consiglio di ieri hanno deciso per il meglio senza mettere le mani nel nostro portafoglio.
Il governo dovrebbe ricordarsi della «manovra wi-fi» in molte più occasioni e ben più importanti (ad esempio la riforma dell’ordine forense da pensare meno in una logica corporativa). Gettare più libertà nel nostro sistema di convivenza sociale ha come effetto collaterale quello di renderci più veloci e competitivi e per di più a costo zero per i contribuenti. Il governo e i suoi uomini dovrebbero smettere i panni che indossavano quando erano all’opposizione e criticavano i tentativi di liberalizzazione messi in campo da Bersani. Su questo piano si deve trovare l’accordo anche con il diavolo. Nelle settimane scorse è passata definitivamente una nuova legge sul lavoro fortemente voluta dal ministro Sacconi. E meritoriamente è stata votata anche dall’Udc, oggi all’opposizione. Essa tra l’altro prevede la possibilità di risolvere le controversie tra datori e lavoratori senza andare a processo, ma con un arbitrato (Sacconi, coraggiosamente, avrebbe voluto rimettere all’arbitrato per equità anche i licenziamenti, ma non glielo hanno permesso). Ebbene, a parziale scusa del governo, per portare a casa questa legge sacrosanta, la maggioranza ha impiegato ben due anni e sette passaggi alla Camera.

E il presidente della Repubblica l’ha pure rinviata per un esame supplementare. Sorte simile per il piano casa, che le Regioni si sono ben viste dall’applicare.
Il governo deve fare una fatica improba. Prima con il n
Nicola Porro

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