Cronache

Rubare un’auto? Bastano 14 secondi

Vent’anni fa erano necessari 9 minuti, oggi con le nuove tecnologie ai malviventi occorre molto meno

Rubare un’auto? Bastano 14 secondi

I tempi si appiattiscono, come su una pista d'atletica. Rubare un'automobile richiede sempre meno: nel 1993 per scassinare una vettura ci volevano circa 9 minuti, oggi bastano 14 secondi. Come? Grazie a comuni dispositivi elettronici, in grado di interferire con il segnale di apertura e chiusura automatizzata dell'automobile. Altro che chiave della Simmenthal, i topi d'auto di oggi soffiano le prede con un dito. Pochi secondi e via, il gioco è fatto.
Le tecniche moderne di furto di macchine, già comuni in Europa e negli Stati Uniti, stanno sempre più prendendo piede in Italia. Si calcola che circa il 20% dei furti d'auto nel nostro Paese avvenga con i nuovi sistemi, senza necessità di effrazione: un numero non molto alto, ma destinato a salire. Già, perché le grandi bande criminali internazionali, che agiscono soprattutto nel Nord Italia e che smistano le vetture rubate verso l'Est Europa, mettono nel mirino le auto di ultima generazione.
L'ultima tecnica è avveniristica ma semplice. In Italia è messa in pratica da pochissimo, ma da tempo è in voga negli Stati Uniti. Basta un dispositivo capace di «catturare» il codice del telecomando di apertura e chiusura delle porte. Infilarsi all'interno e mettersi al volante è questione di attimi. La tecnica più utilizzata rimane però la seguente: appostarsi in posti molto frequentati (autogrill, centri commerciali) e aspettare che un malcapitato scenda dalla propria automobile. Quando spinge il tasto di chiusura della vettura, i ladri, con il jammer (che riesce anche a disattivare l'antifurto e il sistema di localizzazione), schermano il segnale, annullando il comando dato dal proprietario della vettura. L'auto, perciò, è aperta.
Una volta dentro, nessun tramestio con i fili. Molto spesso, i ladri aprono il cofano motore dell'auto, smontano la centralina elettronica e la sostituiscono con la loro, collegata alla chiave in loro possesso. A questo punto, la macchina viene messa in moto e puff, scompare. Un'altra possibilità è quella fornita da alcune tipologie di automobile. Una volta entrati, i ladri collegano un decodificatore alla presa Usb presente all'interno della vettura, mentre nel blocchetto d'accensione vengono inserite delle chiavi vergine. In 27 secondi la chiave viene codificata con il sistema dell'auto, che risponde così ai suoi comandi. Non servono cifre astronomiche per assicurarsi questi dispositivi. Per il jammer più basico sono sufficienti appena 100 euro.
Detto delle tecniche all'avanguardia, va precisato che quelle più tradizionali non sono state abbandonate, soprattutto al Sud. I tempi rimangono sempre molto rapidi: per rompere un finestrino, occorrono dei martelletti e dei punteruoli, mentre per rompere la serratura delle portiere la soluzione più adottata è quella della trapanatura del nottolino.
Che fine fanno le auto rubate? In buona parte, dipende dalla loro tipologia. Le vetture di recente fabbricazione vengono rivendute principalmente ai mercati dell'Est Europa (in particolare in Romania, Ucraina e Ungheria). A volte, possono arrivare negli Stati arabi, tramite l'Africa settentrionale, o persino in Giappone, come il caso, di qualche tempo fa, di due Ferrari trafugate a Madrid, come ricorda Sandro Biagianti di LoJack. Sono bande internazionali a occuparsi del furto e dello spostamento della merce rubata. Al Sud, invece, è ancora la malavita locale a occuparsi del traffico d'auto. Qui è molto florido il mercato clandestino di pezzi di ricambio, dalle portiere ai sedili, passando per il motore. Per questo, anche una vecchia Panda può essere prese di mira. E spesso si sostituiscono macchine incidentate rubando modelli simili.
In Italia, nel 2013, solamente il 41% delle auto rubate sono state recuperate e restituite ai legittimi proprietari (45.960 su 111.921 esemplari). Le regioni più «virtuose», dove la percentuale di ritrovo della vettura rubata è più alta, sono Umbria (83%), Emilia Romagna (77%), Veneto (75%) e Marche (70%).

In coda, si attestano Basilicata (22%), Molise (25%), Lazio (27%) e Campania (28%).

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