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Rai, lo sciopero anti-tagli diventa un pasticcio

Da "Unomattina" ad "Agorà", molte trasmissioni cancellate. Polemiche contro i giornalisti Il caso I sindacati cantano vittoria: un successo

Rai, lo sciopero anti-tagli diventa un pasticcio

La Rai disobbedisce al premier. La tv di Stato non ci sta e alza la voce. «La Rai siamo noi», si leggeva ieri mattina sulle magliette indossavate dalle decine di aderenti allo sciopero che manifestavano davanti alla sede di Corso Sempione a Milano. Il bollettino della protesta è un dispaccio di vittoria delle tante sigle sindacali che si sono astenute dal lavoro. A Roma parecchie decine di manifestanti si sono radunati in Via Teulada in rappresentanza degli oltre quattromila lavoratori della capitale che hanno aderito all'agitazione. Astensione quasi totale anche in Calabria, mentre sotto la sede di Firenze la protesta è stata più personalizzata. «Giù le mani da RaiWay», si leggeva sugli striscioni, chiusi da un ironico #staisereno. Quei 150 milioni prelevati dalle canone di abbonamento sono un affronto, un taglio insopportabile, un modo d'indebolire il servizio pubblico. A

ncor meno convince il rimedio per recuperare denaro, la quotazione in Borsa di RaiWay, l'azienda dei ripetitori, che per gli aderenti allo sciopero è una «pura svendita». «Nella parte in cui attacca la vendita di RaiWay sono d'accordo con lo sciopero», ha dichiarato il presidente della Commissione di Vigilanza, il grillino Roberto Fico. Renzi dovrà rifletterci su: il cavallo di Viale Mazzini s'impenna, imbizzarrisce, rifiuta le briglia del governo e del decreto Irpef in fase di approvazione. «Lo sciopero è stato un successo», canta vittoria Luigi Angeletti, segretario Uil, entrando ad una riunione con il ministro Lupi per Alitalia. «I lavoratori hanno dimostrato che si preoccupano delle sorti dell'azienda più dell'azionista, non stanno difendendo privilegi ma il loro lavoro». Ad astenersi sono stati soprattutto tecnici, programmisti, scenografi, truccatori, maestranze indispensabili per la messa in onda di programmi d'informazione e notiziari. Così, sebbene l'Usigrai, lo storico sindacato dei giornalisti, non avesse aderito all'agitazione, ugualmente telegiornali e rubriche di servizio non hanno potuto essere trasmesse. «Per la Rai oggi è stata una giornata importante: per i lavoratori e per la difesa del servizio pubblico», enfatizza Massimo Cestaro, segretario generale di Slc-Cgil. «Le percentuali di adesione allo sciopero sono altissime: in nessuna unità produttiva meno del 65 per cento con punte fino al 90 e con una media nazionale di oltre il 75 per cento».

Per i telespettatori la sorpresa si palesa già all'alba su Raiuno, con la scomparsa di Unomattina e delle rubriche successive, Dolce casa e Sapore di sole, sostituite da telefilm. Su Raidue sparisce tutta la linea dei tg: Tg2 Insieme, Tg2 Costume e società, Tg2 Medicina 33. Anche su Raitre niente morning news, dalla rubrica del Tgr Buongiorno Regione ad Agorà, sotituito da una replica di Presa diretta di Riccardo Iacona. Le edizioni dell'ora di pranzo dei tg durano appena sei minuti. Ma in tutta la giornata si registra la morìa delle dirette. «Anche il sindacato dei giornalisti dovrà riflettere sulle proprie posizioni», infierisce Cestaro. I giornalisti «hanno dimostrato ancora una volta di essere dei quaquaraquà», alza i toni Giuseppe Sugamele, segretario di Libersind Conf.Sal. La spaccatura è profonda.

Il primo round del referendum dentro la Rai sembra essere stato vinto dagli anti-renziani.

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