La bufala della nuova Dc

Casini & C. vogliono ricreare il "centro". Ma non siamo più negli anni ’50 e loro sono quattro gatti. Il tentativo è morto in culla

La bufala della nuova Dc

Da quando la Democrazia cristiana è morta, sepolta da Mino Martinazzoli, ogni anno, da circa 20, qualcuno va al cimitero - dove giace anche Alcide De Gasperi - e tenta di resuscitarla. Cosicché pure in questa estate (c'è chi si sorprende sia calda, come fosse strano che in agosto si sudi) assistiamo al solito rito degli orfani inconsolabili della Balena bianca: tutti lì sulla tomba a pregare che essa si rianimi e nuoti. Pia illusione. I cadaveri non si rialzano dai tempi di Lazzaro, e la fede nello Scudocrociato non accenna a fare miracoli nemmeno stavolta, nonostante alla schiera dei dolenti si sia aggiunto Gianfranco Fini, sì, proprio lui, già leader dei fascisti di risulta (Msi), già presidente di Alleanza nazionale, cofondatore del Pdl, ora a capo del Fli e sul punto di diventare doroteo.

Queste premesse sono più che sufficienti per capire: siamo di fronte a un fenomeno di velleitarismo. Per andare giù piatti, un gruppetto di nonni della politica, alcuni nostalgici e altri disperati, avendo intuito che il bipolarismo non gode di buona salute (ammazza che folgorazione), si è ficcato in testa che bisogna rimettere in piedi un «centro». Anzi, un nuovo centro. Che sarebbe diverso da quello defunto, perché luogo di incontro fra cattolici e laici.

Figuriamoci. I cattolici non vanno d'accordo tra loro (la Dc era divisa in nove correnti), si ignora come possano condividere con i laici la propria posizione sulle questioni etiche: eutanasia, testamento biologico, matrimoni gay e roba del genere. A parte ciò, non s'è mai vista una forza politica nascere senza un comune retroterra culturale, ideologico o almeno ideale.

La Dc aveva alle spalle una Chiesa potente, capace di «controllare» la società grazie a un network di parrocchie frequentatissime e assai influenti che garantivano valanghe di voti. Basti pensare allo slogan guareschiano che andava per la maggiore negli anni Cinquanta: «Nel segreto della cabina elettorale Dio ti vede, Stalin no!». I credenti erano la stragrande maggioranza e, nel timore di essere visti lassù, non negavano il loro suffragio al partito mamma. Oggi, la massima autorità che sta dietro la (nuova) Cosa bianca è Pier Ferdinando Casini. Con rispetto parlando, tra questi e Pio XII c'è un abisso.

Tuttavia, quand'anche i neocentristi potessero avvalersi dell'appoggio del Pontefice, non andrebbero lontano. Giusto ieri, domenica, alla messa delle 8.30 (parrocchia di Monterosso, Bergamo) erano presenti, volendo abbondare, un centinaio di persone. Età media 80 anni. Se questo è il bacino elettorale di riferimento per i «casinisti», buona notte: la percentuale su cui può contare il centrino non supera il 5-6, che è poi la stessa dell'attuale Udc.

Sempre ieri, per approfondire il tema, abbiamo letto sulla Stampa di Torino l'intervista al ministro Andrea Riccardi (Comunità di Sant'Egidio), una colonna dei redivivi democristiani. Eravamo convinti che quest'uomo ci illuminasse con la sua scienza, invece si è acceso un lumino da camposanto: una filza di luoghi comuni. Esempio: «Bisogna trovare un linguaggio meno gridato, ma che faccia riferimento a una cultura. Un po' più colto, un po' più concreto. Seconda cosa, non possiamo più ragionare parlando soltanto di Italia, ma dobbiamo farlo parlando di Europa».

Se queste sono le basi, se

questa è l'ideona, la salma della Dc continuerà a decomporsi, riposerà in pace nonostante le preci degli orfani. Il nuovo partito, ammesso che vagisca, non avrà neanche il problema di invecchiare bene: è decrepito nella culla.

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