Mani dei pm sul Parlamento

Spuntano le trame delle toghe rosse per influenzare la politica. Fioroni: l'Anm voleva cge ritirassi la candidatura in commissione Giustizia per far posto alla Ferranti

Mani dei pm sul Parlamento

Ogni fiducia è persa. Cosa accade in un Paese se la giustizia non è altro che la politica condotta con altri mezzi? Cosa accade se i magistrati giocano contro? C'è un potere che ormai sta definitivamente gettando la maschera e straborda, tracima, va ben oltre i suoi confini naturali. La toga è solo una scusa. La prova arriva da un parlamentare illustre del Pd. Fioroni racconta, secondo una ricostruzione di Repubblica, che il suo nome era in ballo come presidente della Commissione giustizia a Montecitorio. Poi arriva una telefonata, una di quelle a cui a quanto pare non si può dire di no. «Ha cominciato a chiamarmi l'Anm. Mi hanno detto: “O ci sei tu o c'è la Ferranti. Non sappiamo con chi parlare del Pd. Per favore, abbiamo bisogno della Ferranti alla Giustizia. Sai, con Nitto Palma al Senato...”». E Fioroni obbedisce. Si fa da parte. Rinuncia.

Questa storia chiarisce tutto sui rapporti tra certa magistratura e il Pd. Fa capire quanto pesano le toghe e da che parte stanno. E in queste telefonate non c'è nulla di normale, di istituzionale.

Anzi, qualche procuratore illuminato con altri protagonisti avrebbe senza dubbio pensato a un caso di concussione. Alti rappresentanti del sindacato dei magistrati che fanno pressioni su un parlamentare per condizionare la sua azione. Fioroni si ritrova a non rispondere più agli elettori ma a un potere che si presenta con il volto anonimo. Questa storia in altre circostanze sarebbe stata descritta come un ricatto, una minaccia, una pressione sottobanco. E fa rumore. Troppo rumore. Tanto che Fioroni verso le nove di sera smentisce. Fa sapere che non è mai stato irritato per la scelta della Ferranti. «Ribadisco con forza che non ho mai parlato con alcuna associazione, tantomeno di magistrati». Certi panni in fondo bisogna lavarli in casa.

Berlusconi come può difendersi? Ci sono già le prime polemiche, perché domani andrà in piazza a Brescia. Il Cavaliere dice che non ha alcuna intenzione di alzare i toni, di far cadere il governo o di creare problemi. Resta il fatto che ogni individuo ha il diritto di far sentire la propria voce, di rivendicare la propria innocenza. Ogni uomo, compreso Berlusconi. Questi rumori di sottofondo, queste telefonate nascoste lasciano il segno. Siamo sicuri che i processi al Cavaliere non siano politici? Non c'è troppo accanimento? Dispiace dirlo, ma la magistratura non è più al di sopra di ogni sospetto.

Queste domande non se le fanno solo gli elettori del Pdl.

È un dubbio che comincia a superare i confini del berlusconismo. C'è un «caso Berlusconi». E forse è arrivato il momento di dirlo con chiarezza. Chi oggi non scenderebbe in piazza per Tortora? Non siamo poi così lontani.

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