Un giorno eroi, poi traditori Il Pantheon di carta a 5 Stelle

Becchi, Gabanelli e Rodotà. Grillo demolisce tutti i miti che aveva creato lui stesso. E ora li minaccia: "Se avremo la Vigilanza Rai faremo i conti con chi si è rivoltato"

Un giorno eroi, poi traditori Il Pantheon di carta a 5 Stelle

È il Pantheon dalle porte girevoli. Si entra, si sale sul piedistallo accompagnati da una standing ovation, si precipita. Giù dalle 5 stelle. È il destino di Milena Gabanelli, Stefano Rodotà, Paolo Becchi. Oramai, l'elenco degli ex punti di riferimento, venerati per una breve stagione e poi dileggiati dagli ululati grillini, si allunga pericolosamente. L'ultimo della lista ad essere buttato giù dal podio è Stefano Rodotà. Era arrivato terzo alle ormai mitiche Quirinarie e Grillo lo aveva lanciato verso la Presidenza della Repubblica, cercando, con qualche successo fra i malpancisti del Pd, di accreditarlo come alternativa a Giorgio Napolitano. E quando i grandi elettori avevano incoronato il Napolitano bis, lui aveva parlato di golpe e evocato una fantomatica marcia su Roma, cui poi non si era presentato. Adesso Rodotà, colpevole di aver mosso qualche serena critica al comico in un'intervista al Corriere della sera, festeggia i suoi ottant'anni con le contumelie di Grillo: «Un ottuagenario miracolato dalla rete, sbrinato dal mausoleo dov'era stato confinato dai suoi». Veramente a sbrinarlo ci aveva pensato lui, il leader a 5 stelle, ma figurarsi, questi sono dettagli insignificanti. Una capriola più che una metamorfosi, quella di Grillo che calpesta con il tacco degli stivali la medaglia che prima aveva lucidato. Il Quirinale è già dimenticato.
Del resto lo stesso copione, con singolare coerenza, è stato riservato a Milena Gabanelli, la rocciosa giornalista di Report: lei le Quirinarie, ormai le gare più sfortunate della storia, le aveva addirittura vinte. Anzi, quando la dirigenza pentastellata le aveva chiesto di candidarsi, lei giustamente aveva preso tempo. Per riflettere, prima di declinare cortesemente l'invito, lusingata ma convinta di dover andare avanti con il proprio mestiere di giornalista. E infatti qualche giorno dopo la Gabanelli poneva un paio di questioni alla coppia Grillo & Casaleggio: voleva delucidazioni su due macchine da business a disposizione del partito. Risultato: pure per lei era partita la scomunica.
Anche la sua statua è stata sloggiata senza rimpianti dal Pantheon, l'Olimpo più provvisorio e friabile della storia politica italiana. Si dice che quello di Walter Veltroni, su cui si è a lungo ironizzato, contenga tutto e il contrario di tutto, secondo lo stile del «ma anche» tipico dell'ex leader del Pd. E della sua irrefrenabile voglia di contaminare, di mescolare, di mettere insieme mondi diversi. Ma quello dei grillini assomiglia ad un treno ad alta velocità. Ad ogni stazione il rito si ripete crudele: un personaggio calca il red carpet e sale a bordo; a quella successiva, si apre la porta e il malcapitato, ormai ricoperto solo da una corona di spine, viene cacciato senza tanti complimenti.
Era toccato anche a Paolo Becchi, il professore di Filosofia del diritto all'Università di Genova che solo qualche mese fa passava per l'ideologo del movimento. Un giorno la testa d'uovo l'ha combinata un po' grossa, spiegando che non c'è da meravigliarsi se «fra qualche mese qualcuno prende i fucili, abbiamo messo un altro banchiere all'economia», ovvero Fabrizio Saccomanni. In effetti un'affermazione sconsiderata. Grillo e i suoi non hanno fatto una piega. E hanno fatto sapere alla base, costretta a ballare come una nave sulle onde, che il presunto stratega rappresentava solo se stesso. Come «un'etichetta» che si può appiccicare e poi staccare. Fine dell'idillio. Del resto, prima delle Quirinarie, Grillo aveva improvvisato una sviolinata a Antonio Di Pietro, al'unico che ha tenuto la schiena dritta in un parlamento di pigmei» e l'aveva proposto, come suo solito, per il Quirinale. Poi l'aveva tranquillamente abbandonato al suo zero virgola.
Frane e smottamenti. Alla fine l'unica divinità che brilla è sempre e solo lui, Beppe Grillo. Tutto il resto al cannocchiale grillino appare come truffa e occupazione di potere. Spara sulla riforma varata dal governo: «Il finanziamento pubblico ai partiti è vivo e vegeto». E regola i conti con la Rai: «Molti giornalisti della Rai dovranno rendere conto delle loro omertà, dei loro attacchi telecomandati, dei loro silenzi. Faremo un c... così ai Floris, ai Ballarò.

Faremo i conti con i Rodotà e la Gabanelli» e quelli che «ci si sono rivoltati contro». Grillo vuole sfrattarli, alla sua maniera: «O ci verrà affidata la presidenza della Vigilanza Rai o ne trarremo le conseguenze». Dopo le scomuniche, ora siamo alle minacce.

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