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Adesso Letta ha paura

Anche il premier ha capito che per il suo governo marca male

Adesso Letta ha paura

Anche Enrico Letta, presidente del Consiglio, ha capito che per il suo governo marca male. Silvio Berlusconi ha deciso di non arrendersi a Napolitano e ai magistrati, nessun passo indietro e neppure di lato: piuttosto il carcere. Quindi il cerino passa nelle mani del Pd che dovrà decidere: se voterà per la decadenza da senatore per il Cav, si assumerà la responsabilità di sciogliere di fatto il patto fondante di questa maggioranza; se non lo farà (cosa assai improbabile) esploderà in mille pezzi. Affari loro, nel senso di Napolitano, Pd e Letta che hanno permesso lo scempio e adesso fanno i santarellini. Ci dica, caro presidente del Consiglio, che cosa ne pensa di questa magistratura e di quel pezzo d'uomo che è il giudice Esposito, invece di parlare, come ha fatto ieri, di nuova legge elettorale come piace tanto al premier-ombra Giorgio Napolitano. Entrambi (Letta e Napolitano) sono stati ieri ospiti osannati del Meeting di Rimini, assise del popolo ciellino, padroni di casa i ministri Mauro e Lupi. Vuoi vedere che ci risiamo (era già accaduto ai tempi del governo Monti) col tentativo dell'area cattolica centrista di vendere Berlusconi al nemico in cambio di un posto al sole (e del sedere ben piantato su qualche poltrona)?

Per fortuna per governare servono i voti (Monti e Bersani ne sanno qualcosa), e quelli al momento li ha ancora solo Silvio Berlusconi, che in caso (molto probabile) di elezioni, in un modo o nell'altro sarà della partita (è una certezza). La verità è che non Berlusconi, ma tutti i signori di cui sopra pensano di farla franca, senza neppure pagare dazio per essere stati complici, diretti o indiretti, di una mutilazione della democrazia. Sanno solo dire: fate i bravi, fate i buoni. Ma che razza di gente siete? Fuori le palle, signori. Servono coraggio e chiarezza, bisogna scegliere da che parte stare, se da quella della democrazia o da quella del giudice Esposito (presidente del collegio che ha confermato la condanna a Berlusconi) ormai difeso solo da quel cretino di Marco Travaglio, ex giornalista ora suo capo ufficio stampa. «Qualcuno mi difenda», aveva dettato sabato alle agenzie il magistrato di fronte ai documentati racconti da noi pubblicati sui suoi non pochi guai giudiziari e disciplinari (che si siano conclusi bene per lui non lo abbiamo mai omesso). All'appello ha risposto il soldatino Travaglio con un pezzo d'urgenza. Nella foga gli è scappato, per eccesso di saliva, che se un magistrato va a caccia con un boss mafioso è da ingenui.

Un bel passo in avanti: fino a ieri, e per altri casi, ci aveva spiegato che trattasi a prescindere di concorso esterno in associazione mafiosa. Vedi, caro Travaglio, che quando vai di fretta può pure capitare che una l'azzecchi?

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