Con questa legge di Stabilità chi è che ci guadagna e chi è che ci perde? Facendo quattro conti sul retro di una busta, in termini di distribuzione del reddito, e ripercorrendo i provvedimenti economici varati dal governo Letta dal giorno del suo insediamento a oggi, vengono fuori alcune inconfutabili verità.
Prima verità. Fino al 28 agosto, la «grande coalizione» che sostiene l'esecutivo è riuscita, in buona sostanza, a tenere in equilibrio l'asse di governo, tra istanze programmatiche del centrodestra e parallele esigenze programmatiche del centrosinistra. Ad occhio e croce le cose sembrano essere cambiate con la crisi politica, conseguente alla condanna in Cassazione del presidente Berlusconi e culminata con la fiducia del 2 ottobre, quando il presidente del Consiglio, Enrico Letta, in ragione della sua vittoria di Pirro ottenuta in Parlamento, ha di fatto - quasi in maniera punitiva, anche se ci pensava da tempo - spostato l'asse di governo, e quindi della politica economica, a sinistra. E la legge di Stabilità, che è successiva a quella crisi, ben rappresenta questa volontà.
Adesso il punto è se, in questa situazione così complessa e instabile per Letta e compagni, il centrodestra unito sarà in grado di riportare l'asse di governo al centro, come è stato, non senza problemi, tensioni e aut aut, fino al 28 agosto, riscrivendo la legge di Stabilità, soprattutto sul tema della pressione fiscale e inserendo le «vitamine» che portano sviluppo; o se, invece, le divisioni interne del centrodestra tra filo-governativi e filo-berlusconiani finiranno per ripercuotersi in generale sui cittadini e, in particolare, contro l'elettorato maggioritario che guarda al centrodestra.
Seconda verità. Dallo scorso 29 aprile, giorno del voto di fiducia delle Camere al governo, al decreto di cancellazione della prima rata dell'Imu del 28 agosto, a fronte della realizzazione, da parte del centrodestra, di due punti programmatici fondamentali, quali la revisione dei poteri di Equitalia e il tanto travagliato taglio dell'Imu sulla prima casa e sui terreni e fabbricati agricoli (la cancellazione della seconda rata è ancora incerta), la sinistra ha potuto realizzare numerosi provvedimenti, spesso di natura clientelare, o del genere «tassa e spendi».
Una terza verità inconfutabile è che, mentre il centrodestra, quando chiede provvedimenti per attuare i suoi impegni programmatici, normalmente indica le coperture con tagli alla spesa pubblica e maggiori entrate da vendita del patrimonio e da una tantum virtuose, la sinistra non si fa scrupoli se deve mettere le mani nelle tasche degli italiani e provvede, senza pensarci troppo, con aumento di accise, benzina, ecc.
LA STABILITÀ IN SINTESI L'attuale legge di Stabilità, presentata alle Camere dopo la crisi del 2 ottobre, a una prima analisi macroeconomica, sembra realizzare una redistribuzione del reddito tutta a danno dell'elettorato di centrodestra (dalla tassazione sulla casa, alla deindicizzazione delle pensioni, al contributo di solidarietà sulle pensioni elevate) e tutta a vantaggio dell'elettorato di sinistra (dal finanziamento della cassa integrazione in deroga, agli esodati).
La redistribuzione a favore dell'elettorato di sinistra, tra l'altro, non avviene solo sul lato delle spese, ma anche su quello delle tasse.
TUTTO SULLA CASA Il governo Letta sembra venir meno a qualsiasi impegno e a qualsiasi buon proposito rispetto a una riforma complessiva della tassazione degli immobili che, all'interno di un prelievo complessivo di 44 miliardi di euro, avrebbe dovuto portare un gettito dall'imposizione sulla casa pari a 20-21 miliardi, come l'obiettivo virtuoso del 2013, e che invece rischia di gravare sulle abitazioni delle famiglie italiane fino a 30 miliardi. Con mano libera, in tema di enti locali, al ministro, tra l'altro renziano, Delrio, che è il braccio armato della redistribuzione del reddito sul territorio, dove gli Enti locali (Regioni, Province e Comuni) sono per quattro quinti nelle mani della sinistra.
Nel 2013 la riduzione del carico fiscale sulla casa, grazie alla nostra iniziativa di abolizione dell'Imu sull'abitazione principale e sui terreni e fabbricati agricoli, diminuirà di 4 miliardi, rispetto al gettito totale realizzato con l'Imu di Monti nel 2012 (prime + seconde case, inclusi gli aumenti dei Comuni: 23,7 miliardi nel 2012; circa 20 miliardi nel 2013, se anche la seconda rata Imu sarà cancellata).
Nel 2014 sulla prima casa il prelievo potrà variare da 850 milioni (se i Comuni applicano l'aliquota standard dell'1 per mille) a 2,1 miliardi (se i Comuni applicano l'aliquota massima del 2,5 per mille).
Sulle seconde case il gettito può arrivare a 25,2 miliardi, se i Comuni applicano l'aliquota massima dell'1,16 per mille (Tasi + Imu), prevista dalla norma. A ciò occorre aggiungere l'introduzione (tra l'altro retroattiva, a partire dal 2013) della tassazione al 50% ai fini Irpef dei redditi degli immobili non locati ad uso abitativo ubicati nello stesso Comune di residenza, nonché l'eliminazione di tutte le detrazioni previste dalla vecchia Imu e la Tari. Nel 2014, insomma, il carico fiscale sulla casa può sfiorare i 30 miliardi di euro, rispetto, ripetiamo, ai 24 miliardi del 2012 e ai 20 miliardi del 2013.
EFFETTI DEL NUOVO SISTEMA Ricordiamo che le disposizioni per il 2014, specie per quanto riguarda il tetto del 2,5 per mille sulla prima casa, non sono a regime, bensì prevedono una semplice deroga, rispetto a una situazione destinata a divenire ben più pesante negli anni successivi (tetto fino al 7 per mille sulla prima casa). L'incertezza (possibile aggravamento d'imposta a partire dal 2015) che ne deriva rischia di determinare un'ulteriore caduta della domanda.
NELLE MANI DEGLI ENTI LOCALI Incrociando i diversi elementi, è facile vedere come una previsione attendibile del futuro gettito delle imposte sugli immobili sia impossibile da determinare ad oggi, proprio a causa dell'ampia autonomia lasciata ai Comuni. Ci si muove al buio, mentre le conseguenze macroeconomiche del comportamento cumulato delle amministrazioni comunali incideranno, da subito, sull'evoluzione congiunturale della nostra economia.
ALTRO CHE RIDUZIONE DELLA PRESSIONE FISCALE I calcoli contenuti nel disegno di legge di Stabilità presentato dal governo si basano su una crescita del Pil dell'1% nel 2014 e del 2% negli anni 2015-2016. Questo consente di «sbandierare» una riduzione della pressione fiscale in Italia dal 44,3% nel 2013 al 43,3% nel 2016.
Peccato, però, che le previsioni del Mef siano fin troppo ottimistiche e sarebbe più opportuno, anche per prudenza, dato che le stime sul Pil italiano nel 2014 continuano ad essere riviste al ribasso da tutti gli organismi internazionali, basare i calcoli su una crescita del Pil pari allo 0% nel 2014 e, per mantenere un lumicino di speranza, dell'1% negli anni 2015-2016. Ne deriverebbe, nel triennio, un aumento della pressione fiscale, dal 44,3% nel 2013 al 44,6% nel 2016.
LA STABILITÀ FA ACQUA Poiché una legge di Stabilità di alleggerimento fiscale è considerata cruciale per il rilancio dell'economia, e considerato che in assenza di spazi per una manovra che abbia un significativo impatto macroeconomico il poco che si può ottenere su questo versante è un effetto dal lato delle aspettative, appare grave il varo, da parte del governo, di un provvedimento che di fatto corregge in aumento il gettito fiscale. Aumento apparentemente lieve, ma in realtà non del tutto stimabile. Risultato: non si avrà alcun effetto positivo sull'obiettivo di crescita, che è legato al rilancio della domanda interna.
E LE VITAMINE? Dal quadro macroeconomico qui descritto manca del tutto la parte sviluppo. Chi la scriverà? Il Parlamento, i partiti, il governo? Sulla casa, non nel senso delle tasse, ma nel senso di politiche per la casa, cosa ci si deve aspettare? Forse il governo pensa che tutti questi provvedimenti dovranno essere scritti sotto forma di emendamenti in un paio di settimane al Senato, quando il ministero dell'Economia non ci è riuscito in 6 mesi di governo? Misteri su cui riflettere, presidente Letta, senza tirare in ballo la crisi di fine settembre.
AMARE CONCLUSIONI Il governo Letta e il Partito democratico sembrano usare la legge di Stabilità, vale a dire il provvedimento di natura economico-finanziaria più importante dell'anno, per spostare elettoralisticamente l'asse dell'esecutivo a sinistra. Con il ministro dell'Economia e delle finanze, Fabrizio Saccomanni, più o meno consapevole esecutore. Per il resto, al governo e al Pd poco interessa se la pressione fiscale in Italia diminuisce o aumenta, se la spesa pubblica diminuisce o cresce. Se a tutto questo si aggiunge che domani la Commissione europea renderà pubbliche le previsioni di autunno e sapremo se il nostro Paese è ancora dentro i parametri di Maastricht, tutti questi conti probabilmente dovranno essere rifatti e rivisti al ribasso. Segno di un fallimento che viene da lontano, almeno dai tempi di Monti.
Per tutti i motivi sopra esposti bisogna riportare al centro l'asse della coalizione, riscrivendo la legge di Stabilità. Non tanto per ragioni di mercato politico e di riequilibrio a favore del centrodestra, quanto nell'interesse più generale del Paese. Ed è su questa sfida che si deciderà il futuro del governo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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