
«Riteniamo che tutti i trattenimenti nei Cpr attualmente in corso siano illegittimi». È questo il messaggio che campeggia da ore sui profili social di alcuni tra i più attivi avvocati della galassia pro-migranti. Un annuncio che arriva puntuale dopo la sentenza n. 96/2025 della Corte Costituzionale, riguardante i trattenimenti nei centri per il rimpatrio. Il tono è da proclama, lo stile da bandiera issata sul campo di battaglia e a cantare vittoria non sono proprio avvocati qualsiasi. Sono Eugenio Losco e Mauro Straini, legali noti alle cronache per essere il braccio giuridico di Ilaria Salis (nella foto), e più in generale, alfieri delle battaglie ideologiche della sinistra militante. Eccoli pronti a pubblicare in tempo record una richiesta di immediata liberazione di un migrante da loro assistito, trattenuto nel Cpr di Ponte Galeria. Un tempismo perfetto, a poche ore dal verdetto della Corte: più che una battaglia legale sembrerebbe una vera e propria offensiva legale. La sentenza della Corte, però, racconta un’altra storia: nessuna dichiarazione di illegalità generalizzata. La Corte ha semplicemente dichiarato incostituzionale una parte dell’articolo 6-bis del Decreto Cutro, nella parte in cui non garantiva al migrante la possibilità di essere assistito da un avvocato nella fase iniziale del trattenimento.
Eppure, quel «tutti liberi» è già diventato uno slogan. Usato non da movimenti di piazza, ma da professionisti della legge che sembrerebbero alimentare, anziché temperare, il conflitto ideologico con la tecnica giuridica. A conferma basti guardare cosa ha postato l’avvocato Losco sul suo profilo Facebook solo pochi giorni fa: la notizia di un migrante con decreto di espulsione che riesce a fuggire durante il trasferimento verso l’aeroporto. Il tutto corredato da una citazione musicale di Springsteen che dice più di mille arringhe.
«We gotta get out while we're young. 'Cause tramps like us, baby we were born to run». Tradotto: «Dobbiamo scappare adesso, finché siamo giovani. Perché noi, anime randagie, siamo nati per correre». Una dichiarazione che sembrerebbe suonare più come un invito alla fuga che come una riflessione giuridica. E infatti non sono mancati commenti di utenti indignati: «Che pena gli avvocati ideologici». Non un caso isolato: sono gli stessi avvocati che, alla prima occasione utile, hanno provato ad affossare il Decreto Sicurezza dichiarandolo incostituzionale – prima ancora che lo facesse una Corte – difendendo due persone che avevano aggredito le forze dell’ordine dopo essere scappati da un posto di blocco.
Sono gli stessi che si mostrano fianco a fianco con i movimenti dell’abitare, gli amici della Salis insomma. Uno di loro, Eugenio Losco, in un’intervista si identifica come «avvocato degli occupanti». Tutto legittimo, ovviamente, ma la linea sembrerebbe chiara: una battaglia politica combattuta con gli strumenti del diritto, militanza vestita da legalità. Nel mentre Questione Giustizia, il giornale delle toghe rosse, lancia l’allarme su un presunto «nuovo fronte italiano» dove le istituzioni attaccano la magistratura per delegittimarla in nome di una regressione democratica.
E se il vero fronte fosse proprio quello che, dietro la retorica dei diritti, usa le aule dei tribunali come trincee ideologiche? Gridano al regime, ma intanto - con toga e tastiera - c’è chi lavora per disarmare lo Stato. A colpi di ricorsi.