RomaO la va o la spacca. Angelino Alfano vive la sua domenica ad alta tensione su due fronti. Da un lato la partita a poker con Matteo Renzi per capitalizzare al massimo il ruolo di sassolino che può fare inceppare il nuovo governo. Dall'altro l'attacco a Silvio Berlusconi, mai così diretto. Mai così duro. Due fronti in qualche modo legati: smarcandosi dall'antico mentore il leader del Ncd cerca di accreditarsi agli occhi del futuro premier come partner indipendente e affidabile. E all'occorrenza anche con le palle.
In copertina vanno le parole pronunciate dall'ex «mejo fico der bigonzo» alla convention degli amministratori locali del Ncd. Un attacco frontale: «Sabato scorso ho visto un Berlusconi irriconoscibile ai miei occhi, rabbia e rancore non sono stati mai connotati del Berlusconi che conoscevo. Forza Italia a forza di calci è passata dal 38 al 22 per cento, se vuole continuare così faccia pure». E poi il sassolino più grande che esce dalla scarpa: «Berlusconi in questi anni si è circondato da troppi inutili idioti». Una risposta alla definizione di «utili idioti» coniata un paio di giorni fa dal Cav proprio riferendosi ad Alfano e soci.
Parole pesanti, della cui importanza il segretario dei transfughi dal Pdl è conscio. Così trae da solo le conseguenze: «La coalizione Ncd-FI è immaginifica e dopo le parole di Berlusconi molto complessa». Quasi un addio. E senza troppi rimpianti. «Diciamolo con franchezza, se ci siamo rotti le scatole noi di sentir dire, dopo vent'anni, le stesse cose, figuriamoci sette milioni di elettori che non hanno più votato Fi e il Pdl. Fi riconosca che in questi vent'anni di errori ne sono stati fatti e la smettano di prendere noi insultandoci. Noi siamo quelli che più ci hanno creduto e più hanno sofferto per gli errori». E a chi come Giovanni Toti accusa gli enneciddini di fare da stampella della sinistra ribatte il presidente del partito Renato Schifani: «Toti ha la memoria corta. Da due anni Silvio Berlusconi è addirittura alleato, e non semplice stampella, del centrosinistra. Toti ha quindi, purtroppo, la memoria corta».
Rabbia e disperazione sono spesso sorelle. Quella degli alfaniani sembra la furia un po' isterica di chi si sente in un vicolo chiuso sempre più opprimente. Naturalmente loro giocano a far quelli che hanno il coltello dalla parte del manico: «Noi siamo semplicemente decisivi - assicura Alfano -. Se diciamo sì al governo, il governo nasce, se diciamo no il governo non nasce. Questa è per noi una grande soddisfazione, ma al contempo una grande responsabilità, non abbiamo la possibilità di sbagliare».
Un messaggio che vuole essere un marameo agli ex alleati di Forza Italia ma soprattutto suonare da monito a Renzi perché «scucia» qualche poltrona di governo in più al Ncd. Va in questa direzione anche una frase di ieri: «Matteo Renzi si guardi alla sua sinistra, i freni possono arrivare solo da lì». Tradotto: puoi fidarti di noi, saremo affidabili. Ma da questo orecchio il sindaco d'Italia non sembra sentirci. L'idea di sedersi a un tavolo delle trattative con un partito probabilmente sotto la soglia di sbarramento non appartiene al dna del segretario del Pd. L'ultima speranza di Alfano è così agitare lo spettro del voto: e con il Consultellum «si andrebbe a fare la stessa scena di oggi». Vale a dire nessuna governabilità e grandi intese.
È il fattore Mike: se per Renzi tutto è incominciato con la Ruota della Fortuna, per il povero Angelino tutto potrebbe finire con un Rischiatutto.
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