Ma Alfano tiene stretto Silvio: "Rilanci con noi il Pdl"

Il segretario prova a ricucireIn serata summit in via dell'Umiltà. L'ipotesi: ritiro candidature e poi convention

Silvio Berlusconi ed Angelino Alfano
Silvio Berlusconi ed Angelino Alfano

Roma - «Io sono qui e proseguo la mia campagna per le primarie». Angelino Alfano arriva al convegno di «FareItalia», componente di centrodestra guidata da Adolfo Urso e Andrea Ronchi che ha scelto di sostenere la sua candidatura. E pianta subito un paletto, facendo mostra di non voler interrompere, per manifesta impraticabilità, la partita delle primarie.
«Se Silvio Berlusconi torna in campo le consultazioni saltano?», chiedono i giornalisti. Il segretario replica: «Essendo state le primarie fissate per la successione a Berlusconi, se c'è lui... Io sono per l'unità del nostro partito e sto lavorando per questo. Confido che Berlusconi rilanci con noi il Pdl con un profondo rinnovamento, non con la rottamazione perché non mi piace l'idea che chi ha più di 50 anni sia da buttare». Poi nel corso del suo intervento, ascoltato anche da Maurizio Gasparri e Ignazio La Russa, aggiunge: «Le primarie le stiamo svolgendo con una certa sofferenza. Senza il Pdl nessuna alleanza può battere la sinistra. Dobbiamo essere più uniti e forti che mai: è l'unica strada di successo».
Le sue parole arrivano alla fine di una giornata di contatti incrociati che si sviluppano sull'asse Gianni Letta-Niccolò Ghedini, le colombe impegnate a cercare una mediazione. La sera precedente Alfano aveva riunito nella sua abitazione romana Raffaele Fitto, Maurizio Lupi e Franco Frattini. Un faccia a faccia in cui gli uomini più vicini al segretario hanno voluto vederci chiaro sulle voci che lo davano come tentato dalla nuova avventura berlusconiana. La rassicurazione c'è stata. «Se davvero Berlusconi metterà in campo qualcosa di nuovo, io resterò nel Pdl», la posizione di Alfano. Sulle primarie l'indicazione non cambia: bisogna farle, a meno che non siano cause di forza maggiore a impedircelo, ovvero il poco tempo a disposizione e il rischio di una consultazione poco credibile. Nella serata di ieri un'ulteriore mediazione viene tentata da Denis Verdini in una lunga riunione in via dell'Umiltà. L'ipotesi sul piatto è quella di un ritiro delle candidature delle primarie, da sostituire con una grande convention o con la convocazione dell'Assemblea nazionale per definire pubblicamente la strategia del partito. Si vedrà. Le pressioni non mancano (gli stessi Urso e Ronchi puntualizzano che sono con Alfano «a condizione che le cariche elettive nel Pdl vengano scelte attraverso primarie, nasca un partito dalla leadership contendibile e si aggreghino le forze migliori della società civile», mentre Alemanno chiede di non creare «una nicchia di resistenza del 10%»).
Nelle ultime ore si sono fatti sentire con il segretario gli altri soggetti moderati, Montezemolo in testa, preoccupati che lo strappo possa mettere in crisi il cartello che dovrà sostenere Monti come federatore del centrodestra. In questo senso durante la riunione «alfaniana» è stato consultato anche Fabio Rampelli in rappresentanza di Giorgia Meloni. L'ex ministro della Gioventù è in una posizione delicata perché da una parte è sollecitata da chi la vorrebbe leader di una nuova destra. Dall'altra vorrebbe restare nel Pdl e giocarsi la partita delle primarie. La sua candidatura, però, è fondata sull'antimontismo. Una linea che non appare facilmente conciliabile con quella del resto dello stato maggiore del partito.

I giudici del Consiglio di Stato mettono alle strette Renata Polverini (nella foto): entro cinque giorni la presidente dimissionaria della Regione Lazio dovrà indire nuove elezioni. È quanto hanno deciso le toghe della V sezione di Palazzo Spada presieduti da Stefano Baccarini che, di fatto, hanno confermato la sentenza con la quale il 12 novembre scorso il Tar impose alla Polverini di indire nuove elezioni, indicando il ministro dell'Interno di provvedervi in caso d'inadempimento. Nel respingere il ricorso in Appello proposto dalla Polverini, il Consiglio di Stato ha deciso di confermare la sentenza del Tar «nella parte in cui - si legge nella sentenza - si è accertato l'obbligo del presidente dimissionario di provvedere all'immediata indizione delle elezioni in modo da assicurare lo svolgimento entro il più breve termine tecnicamente compatibile con gli adempimenti procedimentali previsti dalla normativa vigente in materia di operazioni elettorali».

La legge elettorale regionale indica l'obbligo di indire le elezioni nei 90 giorni dallo scioglimento del Consiglio regionale, il Pd prova già a far saltare l'election day: «Si vada alle urne in gennaio», dice il capogruppo regionale Esterino Montino.

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