È da alcuni giorni in libreria La vera storia di Papa Francesco (Barbera editore, pagg. 138, euro 9,90), la biografia del nuovo pontefice Jorge Mario Bergoglio scritta da Stefano Filippi, inviato del Giornale. Per gentile concessione dell'editore, pubblichiamo in questa pagina il capitolo intitolato «Il professor Bergoglio». Che illustra un lato poco noto della vita del primo pontefice sudamericano della storia.
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Bergoglio ha studiato in Cile e Argentina, dove nel 1963 si è laureato in filosofia nel collegio massimo San José di San Miguel, una località alla periferia nordovest di Buenos Aires dove sorge anche l’università del Salvador retta dai gesuiti con le facoltà di filosofia e teologia. Cominciò a insegnare in collegi e seminari. Tra il 1964 e il ’65 fu professore di letteratura, psicologia e arte nel collegio dell’Immacolata Concezione di Santa Fe, 600 chilometri a nord della capitale dove ritornò nel 1966 con lo stesso incarico di docente al collegio del Salvatore. Quasi cinquant’anni dopo,il ricordo del giovane professor Bergoglio (non ancora prete) è vivissimo nei suoi ex allievi, anche perché negli anni seguenti egli cercava di non mancare ai loro raduni quinquennali. Lo chiamavano carucha , faccia da bambino, rivela Jorge Milia, giornalista e firma di punta del Diario Castellanos : in realtà «Bergoglio era estremamente fermo e determinato, ma aperto. Se avevi un interesse su un tema in particolare ti dava tempo e spazio per coltivarlo: una novità assoluta per quel periodo. Addirittura ti aiutava, a patto però che tu studiassi anche tutto il resto, cioè i classici della letteratura spagnola, e solo dal quarto anno anche quelli argentini ». L’affetto degli ex allievi è la dimostrazione più semplice che Bergoglio è stato un grande educatore. Lo si vede anche dai discorsi e dagli scritti, brevi, profondi ma alla portata di tutti. Il suo metodo, in cui è rintracciabile il rigore dei gesuiti, è semplice: «Per avere certezze e trasmettere sicurezza», si legge nel libro El Jesuita , «bisogna partire dalle grandi certezze esistenziali. Per esempio: fare il bene ed evitare il male, che è una delle certezze morali più elementari.
Ma occorre che queste grandi certezze esistenziali si facciano carne nella coerenza della vita». E ancora: «Per educare devi tenere conto di due realtà: il recinto di sicurezza e la zona del rischio. Non si può educare soltanto in base ai recinti, né puntando solo sulla zona di rischio. Ci deve essere una proporzione. Per educare devi camminare tenendo un piede nel recinto di sicurezza, ossia in tutto ciò che viene acquisito dall’alunno, che viene incorporato.E con l’altro piede devi saggiare le zone di rischio, che devono sempre essere proporzionate al recinto di sicurezza. Così, un po’ alla volta, si trasforma questa zona di rischio in un pezzo del recinto di sicurezza, e l’educazione avanza». José Maria Candioti, oggi avvocato di successo, ha confessato al quotidiano argentino Clarín di essersi comportato in modo «arrogante» verso il futuro Papa. Questo il suo racconto: «Dopo un esame gli dissi che avevo risposto bene a tutte le domande grazie alla mia grande conoscenza della materia, ma che in realtà non avevo studiato affatto. La sua risposta mi segnò per tutta la vita. Mi diede dieci per l’esame ma aggiunse: “Visto che non hai studiato ti do anche zero. Dieci più zero fa dieci, diviso due cinque. Questo è il tuo voto finale”. Fu una bella lezione di umiltà ».
A Bergoglio piaceva il confronto con la letteratura contemporanea e spesso invitava intellettuali argentini nel collegio in cui insegnava: María Esther de Miguel, María Esther Vázquez e soprattutto il grande Jorge Luis Borges, poeta, saggista, narratore candidato al Nobel. «Tenne per noi un seminario di letteratura “gauchesca” che durò una settimana», ricorda ancora Candioti. Da quelle lezioni di scrittura nacquero un concorso letterario e il libro Cuentos originales ( Racconti originali) di cui Borges firmò la prefazione. Un volume nato quasi per caso. Prima che partisse, i ragazzi consegnarono allo scrittore una selezioni di racconti. La scuola non aveva lafotocopiatrice e i testi furono riprodotti con la carta carbone, ma Borges ebbe gli originali in una cartellina con la scritta, appunto, Cuentos originales .
Tempo dopo, il rettore del collegio di Santa Fe ricevette una lettera di Borges che chiedeva il «permesso» di pubblicare quelle opere con la sua prefazione. Il titolo era quello scritto a mano dai ragazzi sul fascicolo.
Gli alunni tra di loro chiamavano Borges «Georgito il nuovo compagno». «Il professor Bergoglio aveva una passione immensa per Borges », ha ricordato Jorge Milia al quotidiano Avvenire , «per quel suo modo di costruire le frasi. Ci faceva studiare con grande attenzione i suoi racconti, ci invitava ad analizzarli e a comprenderne la natura linguistica profonda. Sono stati la nostra palestra per imparare a scrivere.
Io ero un alunno pessimo, un anno fui rimandato in letteratura perché mi ero rifiutato di consegnare un lavoro. Le lezioni di Bergoglio mi hanno insegnato che la posizione di una parola non è mai casuale».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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