Niente da fare. Il figlio che le ha posticipato la via del carcere, tra condanne, ricorsi, processuali inghippi; quello concepito a pochi mesi dalla morte senza ancora un perché di Samuele, quel piccino battezzato Gioele nato nel lutto, a riempire il vuoto orribile di una perdita infinita. No, tutto questo non basta. Anna Maria Franzoni resta in carcere.
Niente permessi per la mamma di Cogne, nessuno sconto. Sedici anni di prigione da scontare, una storia rivoltata dai rotocalchi, scrutata in ogni ruvida, sordida piega, trasmessa e spiata in tv fino alla noia. Eppure ancora oggi capace di dividere l'Italia. Colpevole o innocente?
Era il 30 gennaio 2002, tanti sono gli anni trascorsi da quella gelida mattina d'inverno, quando una madre chiamò il medico di famiglia, in una Cogne che si svegliava imbiancata, per dirgli che al suo bambino era scoppiata la testa. Un incidente, una tragica fatalità? Pochi ci credettero. Famiglia perfetta, due figli, il marito Stefano Lorenzi pronto a difendere la sua donna a spada tratta. Eppure qualcosa non quadrava. I sospetti caddero subito su di lei, sulla mamma che aveva lasciato solo il piccolo Sammy per accompagnare alla fermata dello scuolabus Davide, il figlio maggiore. Oggi lui ha diciott'anni. Suo fratello nove.
Il 19 luglio 2004 il gup di Aosta, Eugenio Gramola, condannò Anna Maria a trent'anni, il massimo della pena previsto con il rito abbreviato scelto dalla difesa. Poi il solito iter tra appelli, nuove sentenze, sconti. Alla fine gli anni si sono ridotti a sedici. Dal 21 maggio 2008, dopo aver incontrato sgattaiolando nel giardino di casa l'ultimo giornalista a cui si rifiutò di parlare, è rinchiusa nel carcee della Dozza, a Bologna.
In luglio ci aveva provato, chiedendo alla Cassazione di poter usufruire di permessi premio. Esito negativo. Per almeno i prossimi quattro anni, la mamma di Cogne non avrebbe potuto godere di permessi premio. Il motivo, spiegavano i giudici, era la gravità del reato che aveva commesso e le regole dell'Ordinamento penitenziario per i detenuti pericolosi. Adesso il tribunale di Sorveglianza di Bologna ha ribadito il concetto. Cambiando motivazione, non il succo. La reclusa ha perso la potestà genitoriale. Anna Maria Franzoni aveva infatti chiesto di scontare a casa il residuo di pena, per potere fare la mamma, ma il tribunale visto che madre non la considera più( provvedimento emesso dalla corte d'Appello di Torino nel 2008), ha negato il permesso.
«La signora non ha mai chiesto privilegi - commentano delusi i suoi legali, Paola Savio e Lorenzo Imperato -, ma semplicemente quanto era previsto dalla legge. Vive con la speranza, prima o poi, di potere stare vicino ai suoi bambini».
A giudizio della Prima sezione penale della Suprema Corte, a carico della Franzoni opera il principio della «preclusione temporale», in relazione alla pena finora espiata, per poter provare a chiedere di trascorrere tre giorni al mese con la famiglia.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.