Le banche a muso duro contro Renzi: la supertassa, decisa dal governo per garantire gli 80 euro in busta paga, non s'ha da fare. «Chiediamo un forte ripensamento sul complesso di queste decisioni della sola Repubblica italiana», attacca il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli. Ovvero, la decisione di tassare al 26% - come per tutte le rendite finanziarie, esclusi i titoli di Stato - e non più al 12%, come previsto all'inizio, le plusvalenze derivanti dalla rivalutazione delle quote detenute dagli istituti di credito (praticamente tutti, Intesa Sanpaolo e Unicredit in testa) nella Banca d'Italia. Un aumento che dovrebbe portare nelle casse dello Stato 1,8 miliardi, circa un terzo quindi dei 6,9 miliardi stanziati per finanziare lo sgravio Irpef ai redditi più bassi.
«L'Italia penalizza fiscalmente - tuona Patuelli - le banche operanti nel Paese rispetto a quanto avviene alle concorrenti degli altri Paesi Ue, addirittura nell'anno degli esami a tutte le banche europee che così verranno svolti con ancor più disparità fiscali». La Bce ha infatti acceso i riflettori sui bilanci delle banche europee, per valutarne lo stato di salute- i famosi «stress test» - in vista della supervisione unica. Un «tribunale» che vedrebbe le banche italiane «fortemente impegnate in riorganizzazioni, ristrutturazioni e processi di efficientamento» penalizzate dal sovrappeso fiscale, sostiene Patuelli. E aggiunge: «Il forte aumento della pressione fiscale deliberato dal Consiglio dei ministri si assomma a quello deciso il 25 novembre scorso dal precedente governo: i due provvedimenti hanno determinato l'aumento dell'anticipazione Ires 2013 al 130% per banche e assicurazioni, l'enorme addizionale dell'8,5% sull'Ires 2013 sempre di banche e assicurazioni, la rivalutazione delle quote di Banca d'Italia (ultimi in Europa!) con l'imposta del 12% disposta dalla legge di stabilità per tutte le rivalutazioni. Tale imposta è stata ieri aumentata al 26% per questa sola già avvenuta rivalutazione, anche con effetti retroattivi giuridicamente più che discutibili».
In tutto, una stangata da 6 miliardi, secondo i calcoli della Cgia di Mestre, che si abbatterà sul settore bancario, finanziario e assicurativo. «Con questo aggravio, che farà crescere dello 0,2% la pressione fiscale - si chiede il segretario Giuseppe Bortolussi - quanti istituti continueranno ad erogare il credito alle famiglie e alle piccole imprese?». La risposta è fin troppo facile: il flusso - già scarso - dei finanziamenti è destinato a ridursi ulteriormente.
Ma c'è chi dice no: «Le proteste delle banche non sono giustificate - ribatte l'economista dell'Università Cattolica di Milano, Giacomo Vaciago, intervistato dall'Adnkronos - Si tratta di una misura una tantum. Questo provvedimento non si ripeterà e quindi ritengo che le loro proteste sono eccessive». La pensa allo stesso modo il sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta: «Quella delle banche mi sembra una reazione sproporzionata: capisco che esiste un problema di tassazione aggiuntiva, però in una situazione dove l'obiettivo è la ripresa del Paese, dell'economia e soprattutto dei consumi, ognuno deve fare la sua parte, comprese le banche».
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