Al Bano e la scelta di dire addio a Ylenia

Al Bano e la scelta di dire addio a Ylenia

di Cristiano Gatti

È l'acuto finale, che mai avrebbe voluto lanciare. Dal 1994 lo trattiene dentro di sé, soffocandolo continuamente, ogni giorno sognando di chiudere in dolcezza, con una paterna melodia. Arriva però il giorno in cui la logica schiaccia i sentimenti e le speranze, chiudendole a chiave nello scrigno dell'impossibile. Quasi vent'anni dopo, vent'anni pesanti come un secolo, questo giorno è arrivato: Al Bano cede all'evidenza e chiede alla legge di dichiarare morta la sua adorata Ylenia, la figlia scomparsa nel nulla, la figlia cercata ai quattro angoli del mondo. Una resa bruciante, un acuto di padre sconfitto. Un grido come di mutilazione.
«Non avrei mai voluto arrivarci - confessa a mezza voce il cantante - e difatti ho aspettato dieci anni più del previsto». Le norme prevedono che venga presentata richiesta al tribunale dieci anni dopo la scomparsa: Al Bano ha atteso un tempo doppio. Ora restano altri sei mesi a disposizione perché chiunque sappia qualcosa possa farsi avanti e fermare tutto. Nel caso di Ylenia, sono comparsi sui giornali pugliesi le comunicazioni del tribunale di Brindisi, investito della vicenda. Spiega ancora Al Bano: «È un atto dovuto, necessario per una serie di questioni pratiche. Ma si parla di morte presunta. Significa che un barlume di speranza resta comunque, nonostante tutto».
Il cuore di padre non si ferma. La necessità di sgombrare il campo dall'incertezza è pura questione di avvocati e di codici: Ylenia presunta viva resta titolare di diritti, Ylenia presunta morta lascia il via libera a tante possibilità, come divisioni ereditarie e intestazioni di beni. Ma Al Bano non può certo cessare d'essere padre di Ylenia per decreto: la segreta e illogica idea che un giorno qualcuno bussi alla porta, con qualche capello bianco e qualche ruga di donna matura, ma con l'inconfondibile volto della sua bambina ritrovata, oggi 43enne, questo sogno folle e tenero lo accompagnerà per il resto dei suoi giorni, insensato eppure insopprimibile.
Al Bano è cantante eterno, passato dal boom economico all'Italia due punto zero, tra glorie da primadonna e lunghi periodi d'ombra, tra memorabili gesti artistici e compiaciute cadute nel trash, ma sempre illuminato da un indiscutibile alone di simpatia e di sanguigna umanità. Le radici agro-silvo-pastorali di uomo del Sud cresciuto dal niente, inseguendo il sogno del successo e della popolarità, sfacchinando tanto e scarpinando molto, conquistando con il talento e la fatica la ricchezza e il benessere, ad un certo punto persino una moglie madonna, figlia del grande divo americano, tutto questo ne ha fatto un personaggio da storia pop, comunque sincero e autentico, molto uomo e poco jet-set.
In tutto questo, la famiglia, i figli, il podere. Una storia perfetta, a suo tempo. Salvo poi declinare nella lenta disperazione per quella figlia fuori ruolo e fuori registro, con altre idee in testa, anima irrequieta, inadatta all'acquarello pugliese. Una sera di dicembre del 1994, quella figlia ribelle sparisce a New Orleans. Da quella sera, la bella favola di Al Bano e Romina si avvia verso la totale rovina. Tra ricerche confuse, testimonianze fasulle, segnalazioni sciacalle, con l'aggiunta di un musicista arrestato e poi rilasciato, l'angoscia lavora a fondo, lavora inesorabilmente. E frantuma l'armonia. Ma anche solo, anche con una nuova compagna e una nuova famiglia, Al Bano non ha mai smesso di piangere dentro. Ylenia è rimasta sempre l'ombra cupa sulla sua vita solare. Adesso si arrende alla logica.

Ma non finisce nulla, non si spegne niente. Non esistono sentenze di tribunale e colpi di spugna che possano cancellare un figlio dall'anima. Il vuoto è eterno, il tormento continua. «Un barlume di speranza resta comunque, nonostante tutto».

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