Berlusconi dopo Berlusconi: una suggestione o forse qualcosa di più. Che il Cavaliere possa passare il testimone alla figlia Marina è un'ipotesi che circola da tempo. Attorno al nome del presidente del gruppo Fininvest-Mondadori torna a sfogliarsi la margherita: scende in campo, non scende in campo. Lei, la primogenita dell'ex premier, ha tutte le carte in regola per sfondare come ha fatto il padre: stesso cognome, brand che tira; stessa palestra nel mondo degli affari e non in quello della politica; stessa visione del mondo e soprattutto stessa idiosincrasia per lo Stato vorace e onnipresente. Perché non lanciare Berlusconi dopo Berlusconi? L'operazione avrebbe il suo fascino, soprattutto dopo che il successore designato, Alfano, sembra prendere una strada diversa. Per ora. Marina, tirata per la giacchetta da mesi se non anni, tuttavia s'è sempre ritratta: «Non mi interessa la politica». Più volte ha smentito la sua discesa in campo: un po' perché gliel'ha sconsigliato pure papà; un po' perché la politica è una brutta bestia con cui averci a che fare. E poi il refrain degli uomini più vicini al Cavaliere, da Fedele Confalonieri a Gianni Letta: tutti a suggerirle di non imbarcarsi nell'avventura romana. Anche papà Silvio è sempre stato scettico: «Non voglio che le accada quello che ho dovuto passare io. Un massacro quotidiano. I pm l'azzannerebbero come hanno fatto con me». D'altro canto, l'unica con le spalle larghe quanto il padre e in piena sintonia con lui è proprio Marina. Nella ri-nascente Forza Italia non sono pochi quelli che fanno il tifo perché dopo Berlusconi ci sia ancora un Berlusconi. Ma il Cavaliere nicchia, aspetta, prende tempo. Non scioglierà la riserva se non all'ultimo e soprattutto non prima del voto in Senato sulla decadenza.
Il punto di svolta sarà lì, soprattutto per quanto riguarda il governo. Il Cavaliere orma da tempo non nutre più speranze che alla fine, nel segreto dell'urna di palazzo Madama, il Parlamento non sfregi il passato, il presente e il futuro del leader dei moderati. In ogni caso sarà sempre Berlusconi saldamente al timone di Forza Italia. Certo, con un voto favorevole, il governo Letta potrebbe guadagnare una boccata d'ossigeno. Se così non fosse, com'è persuaso l'ex premier, si aprirebbe una nuova stagione. Allora sì che a palazzo Chigi si attiverebbe una mina difficile da disinnescare; e il voto a primavera potrebbe essere un probabile sbocco. Sulla carta il Pd ha già il cavallo forte su cui puntare: Matteo Renzi. Ma Forza Italia? Scartati tutti i possibili pretendenti alla guida del popolo dei moderati (nel tempo si sono succeduti Casini, Fini, Montezemolo, Monti e forse adesso pure Alfano, ndr), Berlusconi non trova un altro nome di peso se non il suo. Ma da qui ad aver già deciso la successione dinastica ce ne corre. «Non è questo il momento di decidere», ripete Berlusconi che invece è persuaso di aver fatto la cosa giusta sul partito.
Il dado è tratto e non ci sono ripensamenti. Ora toccherà al Consiglio nazionale ratificare la decisione presa all'ultimo ufficio di presidenza. Quando? C'è chi dice l'8 dicembre ma il Cavaliere sarebbe intenzionato ad accelerare. Perché aspettare fino ai primi di dicembre, col rischio che la questione si accavalli al voto di Palazzo Madama? I lealisti sono al lavoro nella raccolta delle firme per confermare la risoluzione con cui si è archiviato il Pdl. La conta potrebbe arrivare nel giro di poche settimane, senza aspettare i primi di dicembre.
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