Tradizionale lunedì in famiglia per il Cavaliere che osserva da lontano le vicende del Palazzo. Ad Arcore fino a ieri, da oggi dovrebbe essere a Roma dove già domani è atteso negli studi di «Porta a porta». Berlusconi non muta la sua strategia. Che resta attendista: non molla e non mollerà di un millimetro sul fronte delle tasse. E se al Pd non sta bene affari loro; tolgano pure la fiducia al «loro» Letta visto che è un governo che non strappa applausi a nessuno. Così, lascia che siano i mastini del Pdl a ringhiare per lui su ogni ipotesi di aumento dell’Iva e ritorno dell’Imu. La partita si gioca tutta sulle coperture con le 7 proposte gettate sul tavolo dal capogruppo Brunetta. Saccomanni si esprima su quelle, invece di ripercorrere i sentieri recessivi già percorsi da Monti. Naturalmente il Cavaliere non ha soltanto l’Iva per la testa. Sa che la sabbia della clessidra che misura il momento della sua decadenza da senatore corre inesorabile. E sul voto, prima in giunta e poi in Aula, non si fa illusioni: arriverà il pollice verso da parte del centrosinistra, in netta maggioranza in giunta. Una scadenza c’è: il prossimo 4 ottobre o lui stesso o i suoi legali potrebbero essere ascoltati.
E quella sarà l’occasione per una sorta di arringa difensiva, nel tentativo di convincere i 23 membri dell’organismo del Senato delle proprie buone ragioni. Sforzo che risulterà vano. Anche se la seduta, già calendarizzata, verrà trasmessa in streaming, il Cavaliere sarebbe orientato a mandare i suoi avvocati posto che la discussione avverrà «in punta di diritto». Niente comizio, quindi. Mentre sembra tramontare pure l’ipotesi di un suo intervento in televisione per denunciare l’assalto delle Procure nei suoi confronti. A consigliargli cautela, come al solito, i figli. Questione di opportunità anche se nessuno, in famiglia, si fa illusioni su come andrà a finire. «Mi vogliono far fuori in tutti i modi », ripete sconsolato l’ex premier.
Il quale ha pure un’altra scadenza clou: quella del 15 ottobre, data entro la quale Berlusconi deve optare per gli arresti domiciliari o per l’affidamento in prova ai servizi sociali. Qualora non decidesse, il giudice di sorveglianza gli applicherebbe d’ufficio la reclusione ai domiciliari. L’umore, ovvio, non è dei migliori; anche perché soltanto qualche giorno dopo, il 19 ottobre, arriverà l’altra sentenza della corte d’Appello di Milano che dovrà stabilire la durata dell’interdizione ai pubblici uffici. Addio scudo, quindi, e Cavaliere in balìa delle schegge più politicizzate della magistratura, desiderose di assestare il colpo finale all’odiato nemico. Ci sarebbero tutti gli elementi per reagire, come pancia e cuore gli suggeriscono. Tuttavia il Cavaliere frena. Attende a fare il cosiddetto «fallo di reazione», nella consapevolezza che tra poco sarà il Pd a mandare all’aria tutto.Occasioni di scontro non mancano e non mancheranno. Un altro momento di frizione pesante è dietro l’angolo. Domani infatti è calendarizzata in aula, alla Camera, l’elezione del vicepresidente e del segretario di presidenza. Per prassi spetterebbe al Pdl avanzare un nome e gli azzurri avevano proposto Daniela Santanchè.
Nome che il Pd s’era sempre rifiutato di prendere in considerazione, ritenendolo «troppo divisivo». Non avendo trovato la quadra, s’era rimandato, appunto, fino a mercoledì.
Che fare quindi? In queste ore sono si sono riaperte le trattative, nella speranza che Santanchè faccia un passo indietro. E circolano già dei nomi alternativi: il giovane Simone Baldelli, apprezzatissimo dal capogruppo Brunetta; Antonio Leone, già vicepresidente; oppure le due azzurre Stefania Prestigiacomo e Mara Carfagna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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