Bersani attorniato da indagati: un cerchio magico pieno di guai

Bersani attorniato da indagati: un cerchio magico pieno di guai

Il deputato Pd Mario Adinolfi l'aveva perfidamente battezzato il «tortello magico» di Pierluigi Bersani. Non un «cerchio» celtico ed esoterico come quello che circondava Umberto Bossi e gli faceva da filtro con il resto del mondo, ma una compagnia ruspante, emiliana, casereccia. Sono i fedelissimi del segretario, i suoi collaboratori più stretti, quelli che gli tengono l'agenda e hanno con lui la maggiore confidenza. Bersani non deve avere una mano particolarmente fortunata nella scelta di questo staff, preso di mira dalla magistratura.
Il quadrilatero che faceva scudo al leader piacentino di Bettola è fatto in casa come le tagliatelle, e come la pasta all'uovo è stato pressato, assottigliato e torchiato da diverse procure. È uno strano destino che Bersani tende a ignorare. Filippo Penati, quando scoppiò lo scandalo del «sistema Sesto» e delle tangenti distribuite per trasformare gli ex terreni industriali, era capo della segreteria politica di Bersani. Il suo braccio destro. E lo era diventato reduce da una sconfitta alle regionali lombarde: un colpo fastidioso perché il vincitore Roberto Formigoni non era poi così irraggiungibile. Penati era l'ex sindaco di Sesto San Giovanni «Stalingrado d'Italia», l'amministratore rosso che aveva sconfitto Ombretta Colli alla provincia di Milano e prometteva di portare il «modello Emilia» in Lombardia. Indagato per corruzione, concussione e finanziamento illecito dei partiti.
Con l'ex capo della segreteria, adesso è sotto inchiesta anche la segretaria storica, Zoia Veronesi, che segue Bersani passo passo da quando fu eletto presidente della regione Emilia-Romagna. Pagata a Bologna per lavorare a Roma dove doveva intrattenere «rapporti con il Parlamento» di cui gli inquirenti non hanno trovato traccia: d'altra parte l'ente locale ha già un ufficio di rappresentanza nella capitale, in via Barberini, con una decina di impiegati che svolgono queste funzioni. C'è invece traccia dei 150mila euro tra stipendi e rimborsi per le missioni romane della signora Zoia, che in realtà lavorava come segretaria di Bersani. Indagato nella medesima vicenda è un altro personaggio storico dell'Emilia-Romagna bersaniana, Bruno Solaroli, funzionario del Pci, sindaco di Imola, parlamentare per quattro legislature, riciclato a Bologna come capo di gabinetto del presidente Vasco Errani. Fu Solaroli, secondo l'accusa, a firmare nel 2008 le due delibere che promossero Zoia Veronesi dirigente regionale e crearono la nuova figura di «raccordo con le istituzioni centrali e il Parlamento» subito assegnato alla segretaria di Bersani.
Altro caposaldo del «tortello magico» è lo stesso Errani, braccio destro politico del segretario democratico, stratega e consigliere ascoltatissimo. Anche Vasco Errani, ravennate di Massa Lombarda, è indagato. Il fascicolo riguarda la cooperativa agricola Terremerse a lungo presieduta da suo fratello Giovanni, che ricevette dalla Regione un contributo di un milione di euro senza rispettare i vincoli legati al finanziamento. Vasco è accusato di aver fornito agli inquirenti una falsa documentazione per coprire le presunte irregolarità della coop rossa e i mancati controlli della Regione.
Errani, Solaroli, Veronesi, Penati. Ma nella cerchia del segretario Pd c'è un altro personaggio finito nei guai giudiziari, il piemontese Franco Pronzato, che fu consulente di Bersani quand'era ministro dei Trasporti e poi coordinatore del settore trasporto aereo del partito. Pronzato, consigliere di amministrazione dell'Ente nazionale per l'aviazione civile, è stato arrestato l'anno scorso in un'inchiesta sugli appalti dei voli tra l'Isola d'Elba e Roma.


Ma Bersani non ci sente. Ieri a Parigi dopo un incontro con il presidente francese François Hollande, ha avuto il coraggio anche di scaricare Monti. «Le possibilità di un Monti bis nel 2013 con maggioranze spurie sono pari a zero».

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