Bindi si aggrappa alla poltrona e sfida i rottamatori del Pd

RomaIl segretario del Pd, che già si sente la vittoria alle primarie in tasca, vede però profilarsi all'orizzonte la prima rogna.
Una rogna non da poco, che non è bastato neppure il ciclone Matteo Renzi a levargli dai piedi (come invece è successo per D'Alema e Veltroni): la Bindi non molla. E non ha alcuna intenzione di facilitargli il compito: la presidente del Pd sa bene che Bersani e i suoi meditano di offrire lei e altre facce note della vecchia guardia (da Anna Finocchiaro a Peppe Fioroni a Livia Turco) come agnelli sacrificali sull'altare del rinnovamento. Insomma, sa che tra poco partirà un gentile ma ostinato pressing per spingerla al beau geste. E allora la combattiva Rosy mette subito in chiaro che - anche se è parlamentare dal lontano '89 e ha maturato il massimo della pensione - non ci starà: «Io chiederò la deroga per essere rieletta», spiega a Repubblica tv, «se poi il mio partito voterà contro, mi adeguerò. Ma in tutti questi anni non mi sono mai candidata autonomamente: sono sempre stati loro a chiedermelo e a farmi pure capolista». Una sfida in piena regola: se Bersani vuole (e vorrebbe) evitare di ricandidare chi - anche suo malgrado - è diventato simbolo della «casta» di centrosinistra, dovrà assumersi la responsabilità di dirle «Bindi, sei fuori». E probabilmente offrirle in cambio un risarcimento adeguato, quanto meno un ministero di peso.
E non perché Rosy Bindi sia affezionata alla poltrona: è che «ho un progetto in testa per il Paese», e l'idea di finire nella «lista di proscrizione» solo per anzianità di servizio non le va giù. Renzi (che per lei è «figlio di Berlusconi», e forse pure di Satana) vuol rottamare i protagonisti dell'ultimo ventennio? «Così si dà ragione a Berlusconi, che vuole che tutti siano corresponsabili di questo disastro». Invece, si accalora Rosy, «in questi 20 anni c'è chi è stato davvero antiberlusconiano, ha combattutto, non si è acquattato, ha preso gli insulti» e dunque «non va rottamato proprio ora che Berlusconi può essere sconfitto». Di chi parli la Bindi è chiaro. E quanto sia grossa la futura grana di Bersani pure.
Contro Renzi si esercita anche Nichi Vendola, che spiega perché il sindaco di Firenze non è (a suo dire) di sinistra: troppi «giochi di parole, boutade, battute», troppo allegro insomma. Sinistra invece «vuol dire testimoniare valori, cultura, dare la voce agli ultimi». E siccome «Bersani ha la forza degli apparati, Renzi ha la benedizione del mondo dei soldi», resta uno solo: «Io sono la sinistra». Replica Renzi: «Vendola è uno di quelli che hanno mandato a casa il governo Prodi nel '98. È più di sinistra chi manda a casa il governo Prodi o chi lavora per l'Ulivo?». Ieri il sindaco di Firenze era a Bari, per le ultime battute della campagna elettorale.

«La Puglia per me è una delle regioni più difficili», ammette in terra dalemiana. Ma è tutto il Sud, gran serbatoio di voto Pd saldamente controllato da capicorrente schierati con Bersani, a far da palla al piede all'ultimo sprint del Rottamatore.

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