Il governo fa retromarcia sulle sigarette elettroniche. Ora sarà possibile fumare una «svapa» anche nei luoghi pubblici perché è stato eliminato il divieto introdotto con il decreto Iva-lavoro della scorsa estate. Non è stato però eliminato il maxiprelievo che ha devastato il mercato di questi succedanei delle tradizionali sigarette di tabacco. Misteri della politica.
Ma andiamo con ordine. Il decreto Istruzione, approvato due giorni fa dal Senato, ha stabilito che si potrà utilizzare nuovamente la «bionda» elettronica laddove vige ancora il divieto per le sigarette tradizionali: uffici, ristoranti, cinema, mezzi pubblici e bar. Rimangono escluse, invece, le scuole (come previsto dall'articolo 4 dallo stesso decreto Istruzione) dove le e-cig non potranno essere utilizzate né all'interno né all'esterno degli edifici. Come ha ricostruito l'agenzia Public Policy, il merito è di un emendamento inserito alla Camera lo scorso 23 ottobre dal presidente della commissione Cultura, Giancarlo Galan (Pdl), e successivamente approvato dai deputati. Una modifica passata del tutto inosservata ma che ha ribaltato quanto stabilito nello scorso giugno dal decreto Iva-lavoro che aveva escluso le e-cig dai luoghi pubblici, estendendo lo stop imposto dalla legge Sirchia del gennaio 2003.
D'altronde, l'ex ministro della Salute, Umberto Veronesi, aveva dichiarato che «se tutti coloro che fumano sigarette tradizionali si mettessero a fumare sigarette senza tabacco, salveremmo almeno 30mila vite all'anno in Italia e 500 milioni nel mondo». Un vero e proprio atto di accusa nei confronti del governo, invitando il ministro della Salute Lorenzin a non «remare contro». Uno studio pubblicato dall'Università di Ginevra indagando su un campione di 400 fumatori ha inoltre evidenziato che tra coloro che avevano già smesso di fumare a favore delle sigarette elettroniche solo il 6% è tornato al tabacco dopo un mese. Il 22% di coloro che invece usava entrambi i tipi di sigarette ha smesso con il tabacco dopo un mese, mentre il 46% dopo un anno. La media di sigarette fumate all'inizio dello studio era 11,3 al giorno, e dopo un anno è scesa a sei. «Questo sembra suggerire che le sigarette elettroniche siano d'aiuto per smettere - spiegano gli autori - anche se i risultati vanno confermati su un numero più elevato di soggetti».
La guerra tra i produttori di sigarette elettroniche e le multinazionali del tabacco si svolge senza esclusione di colpi avvalendosi anche di consulenze mediche. Tuttavia il pronunciamento di noti accademici, come lo stesso Veronesi, sembra stabilire che le e-cig siano un valido modo per contrastare il tabagismo causa di tumori, malattie cardiovascolari e dell'apparato respiratorio.
Ecco perché l'insistenza dello Stato sull'imposta di consumo del 58,5% sulle sigarette elettroniche appare quantomai inutile. I 117 milioni di gettito stimato non hanno frenato l'incremento dell'Iva e difficilmente compenseranno i circa 450 milioni già sfumati nei primi 9 mesi del 2013 per il minore introito dell'imposta sui tabacchi (-5,4% a 7,8 miliardi).
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