Le manette hanno tintinnato. Ma solo per una notte. La Corte d'Appello di Palermo presieduta da Raimondo Lo Forti ha rigettato la richiesta di arresto di Marcello Dell'Utri, presentata dal pg Luigi Patronaggio nel tardo pomeriggio di lunedì, subito dopo la lettura della sentenza con cui la stessa Corte ha condannato l'ex senatore Pdl a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo i giudici, gli stessi che hanno ritenuto colpevole l'esponente del Pdl, non sussistono né il rischio principale che ha motivato la richiesta, e cioè il pericolo di fuga, né l'altro pericolo che va preso in considerazione quando si deve comminare il carcere, e cioè la possibilità che il reato sia ripetuto. E visto che l'ultimo episodio di «mafiosità» contestato a Dell'Utri risale al 1992, non c'è alcun motivo di ritenere che ci siano rischi di nessun tipo.
Dunque, niente carcere, anche se, almeno in teoria, la procura generale può presentare appello contro il «no» ricorrendo al tribunale del Riesame. «Valuteremo se ricorrere contro la decisione della corte di rigettare la nostra richiesta di custodia cautelare in carcere», ha fatto sapere il pg, Luigi Patronaggio. Ma sembra improbabile che l'accusa, perso questo primo match sull'onda della condanna appena pronunciata, insista con un ricorso che, stando alle motivazioni della Corte, avrebbe ben poche possibilità di essere accolto. Secondo i giudici, infatti, il rischio di fuga è smontato dalla presenza frequente di Dell'Utri alle udienze del processo che lo riguarda, compresa quella di lunedì scorso che ha visto la sua condanna. E il fatto che l'ex senatore sia uno che viaggia spesso, anche all'estero - come è avvenuto qualche mese fa, quando la Cassazione doveva pronunciarsi sul suo caso e lui invece si trovava a Santo Domingo - non è indice, di per sé, della volontà di Dell'Utri di sfuggire all'esecuzione della pena. Sussiste meno ancora del rischio di fuga, sempre secondo i giudici, il pericolo di contatti con personaggi in odor di mafia: «Il lungo tempo trascorso, oltre vent'anni scrive la Corte dall'ultima condotta giudicata dimostrativa di colpevolezza costituisce elemento concreto per escludere l'esistenza dell'esigenza cautelare della reiterazione del reato».
Insomma, no, su tutta la linea. Soddisfatta la difesa di Dell'Utri: «Una decisione processualmente corretta e molto equilibrata», commenta l'avvocato Massimo Krogh. E l'avvocato Giuseppe Di Peri, difensore di Dell'Utri sin dal processo di primo grado: «Una decisione diversa sarebbe stata apodittica e cervellotica. Del resto il senatore è stato sempre presente a tutte le udienze, e già questo fuga ogni dubbio».
Se Dell'Utri e i suoi legali tirano un sospiro di sollievo sperando nella Cassazione e pure nella prescrizione, che scatterà a luglio del 2014 («Ho trascorso una notte tranquilla», ha assicurato l'ex senatore) c'è chi esulta in maniera scomposta. È il caso di Salvatore Borsellino, che gioisce: «È prima volta che mi succede di provare veramente gioia per una persona condannata». Contento lui...
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