«Berlusconi, dopo tutto quello che fatto, nel momento di debolezza l'hanno pugnalato alle spalle. Alfano ha sicuramente la sindrome del delfino e lo ha pugnalato». L'imprenditore piemontese Flavio Briatore, ieri in un'intervista a Skytg24, ha duramente criticato la scelta di Angelino Alfano e dei «diversamente berlusconiani» di non seguire le originarie indicazioni del Cavaliere sul voto di fiducia al governo Letta. Prendendosela soprattutto con il segretario del Pdl e ministro dell'Interno.
Quella di Briatore, però, è soprattutto la testimonianza di un dato di fatto incontrovertibile: il centrodestra in Italia è Silvio Berlusconi e senza quest'ultimo è impossibile costruire un rassemblement alternativo al centrosinistra. «Bisogna capire cosa farà Berlusconi se sarà ancora il leader. È l'unico che può portare voti. Gli altri, senza di lui, tutti assieme non prenderebbero il 3 per cento». Ecco perché i cosiddetti sostenitori del governo delle larghe intese cercano di tenere in vita con tutte le proprie forze l'attuale esecutivo.
È lo stesso Briatore a fare un passo avanti dichiarando che, senza il Cav in campo, il suo voto andrebbe all'enfant prodige del centrosinistra Matteo Renzi e non certo ad altri pallidi surrogati di Berlusconi. «Se Berlusconi non è in Forza Italia, voterò Renzi perché io voto per le persone e non per i partiti e spero che arrivi qualcuno a fare la rivoluzione». Secondo il creatore del Billionaire, il sindaco di Firenze - sempre che il Pd gli consenta di correre anche da premier - sarebbe in grado di «prendere molti voti».
Ecco, le parole di Briatore restituiscono l'immagine di due mondi politici completamente differenti. Da una parte, quello dell'intraprendenza, della voglia di fare, di «rivoluzionare» e di «rottamare» incarnato da Berlusconi e da Renzi. Dall'altro lato, quello di una politica legata ancora ai vecchi riti che oggi si raccoglie attorno a Enrico Letta e che fino a pochi mesi fa esaltava le virtù di Mario Monti. Sulle dimissioni del Professore da Scelta civica, il manager ha le idee molto chiare e sottolinea come «un anno fa Casini ci diceva che Monti avrebbe risolto i problemi dell'Italia. E ora dopo un anno dove siamo? Gli interessa solo restare lì, il resto non gli interessa».
Lo stesso concetto di politica come professione, secondo Briatore, ha prodotto una cultura dell'immobilismo: quel «non fare niente» che ha portato il Paese a «un punto disastroso». Anzi, nell'intervista ha utilizzato toni molto simili a quelli del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. I mestieranti della politica perdono tempo e «nessuno è capace di fare le riforme». In tutte le aziende si può tagliare un 20% della spesa, eppure «perché nessuno riesce a tagliare 160 miliardi su una spesa di 800 miliardi?». La domanda è retorica. «Nessuno è riuscito a farlo perché nessuno riesce a incidere: non è riuscito Berlusconi, ma non è riuscito a farlo nemmeno Prodi».
Per Briatore l'imperativo è abbassare la pressione fiscale. «Le tasse vanno portate al 30% - ha proseguito - e a chi non paga gli togliamo l'azienda. È inutile che il governo venda proprietà dello Stato che finiranno nei buchi neri».
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