Così, in attesa che a notte fonda arrivino risultati più chiari, si imbastiscono le prime giustificazioni al fiasco. La prima: «Siamo nati da troppo poco. Cinque mesi sono nulla, non abbiamo né soldi né abbiamo avuto visibilità sui media». Insomma: non si può pretendere troppo da un bebè. Seconda giustificazione: «Se Berlusconi non si fosse concentrato a demolirci, avremmo senza dubbio fatto un'altra figura» dice a denti stretti un parlamentare. Insomma, si cerca il colpevole fuori da casa propria. Ma il centrodestra sfilacciato non tira. «È questo il problema: che fine farà il nostro campo?» si chiede la capogruppo alla Camera Nunzia De Girolamo. Terza giustificazione: «Gli scandali ci hanno penalizzato», dice Sergio Pizzolante riferendosi a Paolo Romano, presidente del Consiglio campano e candidato alle Europee, arrestato perché accusato di aver fatto pressioni per le nomine Asl; ma anche ad altre questioni giudiziarie che hanno colpito gli alfaniani: dal caso Scopelliti a quello Gentile. «E poi siamo rimasti schiacciati nella morsa bipolare Grillo-Renzi nella quale s'è poi inserito Berlusconi. Tutti ad alzare i toni mentre noi i toni li abbiamo tenuti sempre bassi. E questo non paga mai nelle urne, ahimè», chiosa Pizzolante.
E c'è pure chi va oltre, ossia chi pensa alle prossime necessarie alleanze. Le quali saranno fondamentali e che, naturalmente, spingerebbe gli alfaniani verso Forza Italia. Tuttavia il gioco dei pesi è fondamentali e in questo senso c'è chi guarda alla Lega con una preoccupazione in più.
Al netto della prime considerazioni, per Angelino si profila una doccia gelata. Che avrà delle conseguenze interne sulla strategia di un partito che alla sua prima prova è inciampato.
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