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Cancellieri isolata, l'addio a un passo

Domani giornata decisiva tra la sfiducia M5S e la spallata del Pd. Ecco perché il ministro potrebbe lasciare già oggi

Il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri riceve la stretta di mano del premier Enrico Letta
Il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri riceve la stretta di mano del premier Enrico Letta

Roma - Ormai è un coro, dal Pd. Un tiro al bersaglio. Quelle telefonate di Anna Maria Cancellieri ai Ligresti sono state «totalmente inopportune», come dice il responsabile Giustizia Danilo Leva. E aggiunge, significativamente, che le dimissioni «si danno e non si chiedono». Insomma, sia il ministro della Giustizia a togliere «Quirinale e Palazzo Chigi dall'imbarazzo», per usare il tweet del Dem Dario Ginefra.

Stasera alle otto e un quarto il capogruppo Pd a Montecitorio Roberto Speranza ha convocato l'assemblea e si scopriranno le carte: la mozione di sfiducia annunciata da Pippo Civati (in aggiunta a quella del M5S, che sarà votata domani) costringe gli altri candidati alle primarie, in testa Matteo Renzi e poi Gianni Cuperlo e Gianni Pittella, ad arrivare alle estreme conseguenze dopo aver criticato duramente il ministro. O a tuffarsi in un mare di incoerenza per fedeltà di partito. Civati raccomanda: «Firmate in tanti».

I renziani, comunque, continuano a far pressing. «Il Pd ascolti il disagio della base sulla vicenda Cancellieri», chiede Debora Serracchiani. Per Paolo Gentiloni la Guardasigilli dovrebbe fare il passo indietro prima della riunione di stasera. Altrimenti, ci vorrebbe un pronunciamento per sollecitare Enrico Letta a muoversi in questo senso. Ma il segretario Guglielmo Epifani vorrà arrivare a questa resa dei conti? E lo stesso premier non preferirà sacrificare la Cancellieri per evitare contraccolpi sul governo e spaccature troppo profonde nel Pd?

Il Financial Times dà per sicuro che le dimissioni arriveranno prima del voto di domani sulla mozione alla Camera. Cita fonti di governo, le stesse che ufficialmente a metà giornata confermano la fiducia di Palazzo Chigi nel ministro, «a meno che non emergano elementi nuovi nel caso Ligresti». Per ora, il quadro sarebbe «immutato». Nulla è cambiato, conferma il ministro centrista Mario Mauro.

Eppure, anche Massimo D'Alema corregge il tiro: se la Guardasigilli fosse indagata, ci sarebbe «un problema di opportunità: questa novità cambierebbe lo scenario e richiederebbe al ministro un atto di responsabilità».

Non bastano a rasserenare il clima le dichiarazioni arrivate poco dopo dai pm torinesi, che si lavano le mani dalla faccenda dicendo che la Guardasigilli non è indagata da loro, ma trasmettono le carte a Roma, unica competente territorialmente per indagarla se si individuasse un reato nell'interrogatorio del 22 agosto a Via Arenula.

Quello stesso termine ripetuto ormai come un mantra sulle telefonate ai Ligresti, «inopportune», lo usa perfino Mario Monti che della Cancellieri è stato lo sponsor e ora lascia il punto interrogativo su come voterà con il gruppo di Sc sulla mozione.

Sul blog di Beppe Grillo Paolo Becchi chiede l'impeachment di Giorgio Napolitano, perché la fiducia confermata alla Cancellieri è «un'ulteriore picconata» alla Costituzione. E la Lega chiede non solo la testa della Guardasigilli, ma la caduta dell'intero governo.

A difendere il ministro rimane il centrodestra, unito nelle due anime di Fi e Ncd. Angelino Alfano, «confortato» dalle ultime notizie, ribadisce il sostegno. Renato Brunetta attacca i leader Pd che vogliono «presentarsi al congresso con gli scalpi di Berlusconi e della Cancellieri».

Libertà di voto, invece, ai FdI e Giorgia Meloni chiede alla Cancellieri «un passo indietro prima di arrivare alla conta in Parlamento».

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