Un canto non cancella la storia degli alpini

Gli avvoltoi politici dovrebbero soprattutto ricordare che l'Ana, la più grande associazione d'arma al mondo, con i suoi 319mila iscritti è composta da uomini del fare, sempre in prima linea in caso di emergenze e calamità

Un canto non cancella la storia degli alpini
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Una cassa di un locale privato manda a tutto volume Faccetta nera con degli alpini che bevono un bicchiere a Biella, durante la notte di venerdì, per la 96esima adunata. Non si capisce se qualcuno delle penne nere, più attenti all'ottavo di vino, che al brano nostalgico, canta o fa il saluto romano, ma subito si scatena l'inferno delle vestali della democrazia, come vogliono loro, a cominciare dal Pd e dai Cinque stelle. I tre giorni dell'adunata, per la prima volta a Biella, stanno portando in città 300mila alpini per la tradizionale sfilata di questa mattina. Un'armata di fascisti pronta a rivendicare le imprese coloniali in Abissinia? Ovviamente no, ma la sinistra è sempre pronta a fare di tutta l'erba un fascio dimenticando cosa rappresentano le penne nere e l'Associazione nazionale alpini, apartitica per statuto, che tramanda i valori e le tradizioni di chi si è sempre sacrificato per la patria. Mentre il sindaco di Biella, Marzio Olivero, si dissocia dalla canzone ma chiede di non strumentalizzare l'intera vicenda.

I censori degli alpini per Faccetta nera ascoltata, più che ripetuta, da un paio di dozzine di penne nere, almeno hanno avuto la decenza di ricordare che il raduno si è aperto con un libro sulla resistenza. «Alpini ribelli», voluto dall'Ana, nell'80esimo della liberazione sulle 62 medaglie d'oro al valore concesse alle penne nere per la lotta di liberazione. Dall'8 settembre 1943 al 1945 tanti alpini aderirono alla resistenza con le squadre di Giustizia e libertà in Piemonte, le Fiamme Verdi in Lombardia, le divisioni Osoppo in Friuli e le brigate Julia in Emilia.

Gli avvoltoi politici dovrebbero soprattutto ricordare che l'Ana, la più grande associazione d'arma al mondo, con i suoi 319mila iscritti è composta da uomini del fare, sempre in prima linea in caso di emergenze e calamità. E in maniera ancora più nobile operano in silenzio con 2,5 milioni di ore di volontariato l'anno al servizio della comunità nazionale. Sicuramente amano «grappa e fiasco de vin», più che Faccetta nera, ma pochi sanno che il summit mondiale dei premi Nobel ha assegnato all'Ana il premio «Uomo della pace» per impegno sociale e spirito di sacrificio. Facile stigmatizzare Faccetta nera all'adunata e dimenticare che la Protezione civile degli alpini conta su 13mila volontari sempre pronti ad intervenire in qualsiasi emergenza. Dal 1963 con il Vajont al terremoto del Friuli

nel 1976, all'Irpinia, Valtellina, Armenia, Albania fino all'alluvione dell'Emilia Romagna nel 2023 le penne nere sono sempre state in prima linea. L'Ana ha un ospedale da campo aviostrasportabile, che è stato utilizzato per lo tsunami nello Sri Lanka e più di recente negli spazi della fiera di Bergamo durante la pandemia del Covid.

A Biella gli alpini sono stati pure accusati dalle femministe di propaganda di guerra nelle scuole senza sapere che nel 1993 hanno messo in piedi a Rossosch, in Russia, sede del comando delle penne nere nel secondo conflitto mondiale, l'Asilo del sorriso.

A Brescia, per il 40esimo anniversario della spaventosa ed eroica battaglia della ritirata di Russia, è stata costruita la «Scuola Nikolajewka» diventata la più grande e moderna struttura socio sanitaria in Italia per l'assistenza alle persone con disabilità fisiche gravi e gravissime.

L'uso strumentale di Faccetta nera non potrà mai infangare il valore degli alpini.

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