Il gesto dell'ombrello nell'intimità dell'urna

Se il relativismo vive ancora, sta a vedere che premierà proprio Berlusconi, l'uomo da stracciare a ogni costo?

Il comizio del leader del Pdl Silvio Berlusconi al Lingotto
Il comizio del leader del Pdl Silvio Berlusconi al Lingotto

Ci hanno tolto anche i sondaggi e ora ai giornalisti tocca inventare percentuali in calo o in crescita per sostenere le proprie opinioni circa i probabili risultati elettorali. Oddio, quando si tratta di inventare, la categoria è a proprio agio; però la fantasia non basta. Cosicché il cronista e il commentatore, per convincersi di avere le idee chiare da riferire ai lettori, si arrangiano: organizzano in proprio artigianali indagini demoscopiche, ascoltando amici, colleghi, tassisti, avventori di bar, perfino familiari. Elaborano i dati confusamente raccolti e, infine, scrivono articoli spacciando i propri desideri per ponderate previsioni.
Blog, siti vari e social network, poi, aggiungono al bla bla dilagante notizie e riflessioni all'insegna del pressappochismo. E il quadro complessivo delle ipotesi sull'esito delle consultazioni diventa ogni giorno sempre più surreale. Ho letto e sentito pure questa: quello di Beppe Grillo sarà il primo partito. Addirittura? Sì, perché il Movimento 5 stelle aumenta dello 0,5 per cento al dì. Quindi, calcoli alla mano, domenica e lunedì prossimi sarà in vetta alla classifica, davanti al Pd e al Pdl. Sogno o son desto? Forse sono vittima di un incubo.
Altra informazione onirica sfuggita al controllo del senso comune: Mario Monti col suo centrino scentrato e pendente a sinistra non andrà oltre il 6 per cento; l'Udc di Pier Ferdinando Casini è in via di estinzione e il Fli di Gianfranco Fini è già un fantasma, un pallido ricordo di ciò che fu Alleanza nazionale. Tutti questi signori faticheranno a entrare in Parlamento e almeno uno di essi si sarà sforzato invano, rimarrà fuori. Di esagerazione in esagerazione, si dichiara che il Sel di Nichi Vendola avrebbe dimezzato il patrimonio dei consensi e non servirebbe a Pier Luigi Bersani per mettere insieme una sia pur scalcinata maggioranza. In compenso, i rivoluzionari in toga e pantofole di Antonio Ingroia, avvezzi a spiccare mandati di arresto, avrebbero perfino spiccato il volo, pronti a irrompere in massa nell'aula sorda e grigia. Coloro che si sono distinti nel dare addosso alla casta si appresterebbero cioè a farne parte non per abolirne i privilegi, ma allo scopo di estenderli a sé medesimi, perfezionandoli e rendendoli eterni.
Chiacchiere? Sicuro. Influenzano o no l'opinione pubblica? Sul tema ferve un dibattito. Al quale ha dato un sobrio contributo (contraddittorio) il premier agli sgoccioli, il Professore bocconiano. Che ha detto senza battere ciglio: i cittadini non sono sciocchi, bensì intelligenti, e non si lasciano ingannare dai cialtroni. Chi sono i cialtroni? Ovvio, i berluscones e il loro capo. E ti pareva...
Non pago, il premier uscente ha precisato: non è lecito far credere alla gente che si possano realizzare progetti irrealizzabili. Obiezione: ma se la gente non è scema perché dovrebbe bere frottole? Soprattutto, perché dovrebbe votare uno che, dopo aver aumentato le tasse con maniacale impegno, adesso, solo perché è in gara per conquistare cadreghe, giura sulla necessità di ridurre la pressione fiscale? Indovina indovinello: chi è il cialtronello? Coraggio, amici lettori, dite la vostra che io (non) dico la mia.
Nei quartieri alti, stando ai pettegolezzi demoscopici che galoppano di bocca in bocca, la tentazione di scegliere Oscar Giannino sarebbe notevole. Il leader di Fare per fermare il declino piace perché si è dato una missione umanitaria: provocare in Lombardia e a Milano la sconfitta di Silvio Berlusconi, inviso alla borghesia col birignao. La corsa di Oscar però, sul più bello, è stata intralciata dalla questione dei titoli di studio, che interessano specialmente a chi non ne ha. E pensare che le pergamene accademiche per un buon liberale non dovrebbero avere valore legale: gli uomini non si giudicano dalle lauree e dai master appesi in casa, ma da quello che sanno fare in ufficio. Cito un caso significativo (ce ne sarebbero a bizzeffe): Elio Vittorini non terminò la terza ragioneria, lavorò a lungo come correttore di bozze alla Nazione, eppure ha influito sulla letteratura più di tanti dottori sdottoreggianti.
Non sarà Giannino a battere il Cavaliere? Non c'è problema. Si sta scaldando i muscoli uno che si pone lo stesso obiettivo: Gabriele Albertini, al quale è venuta voglia di soccorrere Umberto Ambrosoli, candidato della sinistra per la presidenza della Regione Lombardia. Praticamente tutti aspirano a mandare al tappeto il leader del Pdl che, invece, proclama di aver sorpassato i bersaniani. Tanti nemici, tanto onore, diceva la Buonanima. Sarà ancora vero? Non è escluso. Mi capita spesso di scambiare due parole con persone che conosco o incontro. Naturalmente, nella presente congiuntura, il tema delle conversazioni è scontato: le urne. Ciascuno butta lì, a modo suo, la stessa frase: non so per chi votare, sono disorientato, deluso, non mi fido di nessuno, che nausea la politica.
Ce ne fosse uno, uno soltanto, che annunci di preferire il Cavaliere, nonostante tutto. Buon segno per il Pdl. Che va sempre più assomigliando alla Democrazia cristiana del tempo che fu: non trovavi un cane che confessasse di votarla e, a spoglio avvenuto, i democristiani avevano la maggioranza relativa.

Se il relativismo vive ancora, sta a vedere che premierà proprio Berlusconi, l'uomo da stracciare a ogni costo? Ciò che potrebbe succedere al seggio è molto simile, nella mia immaginazione, a quello che accadeva trent'anni orsono: l'elettore entra in cabina, si guarda attorno, osserva la scheda e, rassicurato dal fatto che il suffragio è segreto, traccia la croce sul simbolo maledetto del Pdl. Sollevato, posa la matita copiativa e fa il gesto (liberatorio) dell'ombrello.

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