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Caso Unipol prescritto ma la Corte d'Appello attacca di nuovo il Cav

Reato prescritto lo scorso 31 marzo. Ma i giudici di Milano usano le motivazioni per attaccare Berlusconi

Piero Fassino e Giovanni Consorte
Piero Fassino e Giovanni Consorte

In piena campagna elettorale per le europee, la Corte d’Appello di Milano pubblica le motivazioni della sentenza Unipol. E, nonostante i giudici abbiano dichiarato la prescrizione del reato per Silvio Berlusconi e il fratello Paolo, le motivazioni diventano l'occasione per attaccare l'ex premier. Tanto che la Corte d'Appello di Milano lo accusa di aver tratto "vantaggio nella lotta politica" dalla pubblicazione della telefonata tra l’ex segretario Ds Piero Fassino e l’ex presidente di Unipol Giovanni Consorte.

Nelle venti pagine di motivazione, il giudice estensore Alberto Puccinelli nel confutare quanto ha sostenuto la difesa dell’ex premier, ha sottolineato che benché non ci sia stato un interesse di "ordine patrimoniale" nel concorso di Berlusconi nel reato di rivelazione del segreto d’ufficio, "presumere un interesse di tipo diverso, commisurato al vantaggio acquisito nella lotta politica, non appare in contraddizione" con l’accusa contestata. A sostegno del proprio teorema i giudici milanesi indicano l'approssimarsi della campagna elettorale per le elezioni politiche. Elezioni che saranno poi vinte dal centrosinistra con un leggero vantaggio. In realtà, l'intercettazione tra Fassino e Consorte ai tempi della scalata di Unipol alla Bnl fu pubblicata dal Giornale 31 dicembre 2005. E la campagna elettorale ebbe inizio solo in primavere. Diversi mesi dopo la pubblicazione, quindi.

L’intercettazione al centro della vicenda, in cui Fassino dice a Consorte "Abbiamo una banca!", risale al luglio del 2005, ai tempi della scalata a Bnl da parte di Unipol. Quando fu pubblicata, però, la telefonata era ancora coperta da segreto istruttorio e ancora non esisteva la trascrizione. Per la vicenda, il 7 marzo dell'anno scorso, l'ex presidente del Consiglio era stato condannato a un anno di carcere mentre il fratello Paolo a 2 anni e 3 mesi di detenzione.

Lo scorso 31 marzo la seconda Corte d’appello, presieduta da Fabio Paparella, ha poi dichiarato la prescrizione del reato ma ha riconosciuto la responsabilità penale dei fratelli Berlusconi confermando un risarcimento da 80mila euro all’attuale sindaco di Torino.

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