Politica

Il Cav mette il Pd con le spalle al muro

Berlusconi vola nei sondaggi: "Facciano autocritica, poi si può fare un governo insieme". E avverte: "Due forze al 30% sono costrette a incontrarsi, sennò si è sfascisti". Oggi pomeriggio il popolo del centrodestra scenderà in piazza a Bari

Silvio Berlusconi in piazza del Popolo
Silvio Berlusconi in piazza del Popolo

Bari - «Abbiamo bisogno più che mai di un governo solido e duraturo che sia in grado di cambiare davvero questa situazione. Ci vorrebbe senso dello Stato ma a cinquanta giorni dal voto la sinistra non sembra averne». Le perplessità nello stato maggiore di Via dell'Umiltà restano intatte. Tutti sono consapevoli che la resa dei conti interna al Pd è in corso e il rischio balcanizzazione potrebbe rendere il rush finale della trattativa per il Quirinale un gioco ancora più intricato del solito. Silvio Berlusconi, però, non dispera di poter strappare un accordo, nonostante la rosa dei nomi non sia ancora arrivata e il fuoco incrociato dei veti sia crepitante.
Certo il faccia a faccia con Bersani è stato tutt'altro che risolutivo (nonostante il segretario di Via del Nazareno - raccontano fonti azzurre - si sia approcciato a Berlusconi
con tono autoironico e con una frase del suo repertorio: «Non son mica venuto qui con una volpe sotto l'ascella»). Ma ciononostante il leader del Pdl è convinto che alla fine non potrà che prevalere la ragionevolezza. Per questo oggi a Bari nel bagno di folla di Piazza Libertà chiederà a Bersani di rassegnarsi alla legge implacabile dei numeri e prendere atto che «se ci sono due forze del 30% queste sono costrette a incontrarsi».
Questa sicurezza è dovuta a due ragioni. Innanzitutto alla rinnovata unità del suo partito. Ma anche al consenso che tutti i sondaggi assegnano al centrodestra. Una sorta di pistola pronta all'uso che Berlusconi può tenere sul tavolo senza il timore di scoprirla scarica. Ieri, ad esempio, l'ultimo sondaggio SKYTg24-Tecnè confermava il vantaggio del centrodestra sul centrosinistra, con il primo al 33,1% (+4,1% rispetto alle Politiche) e il secondo al 31,4%. Un sorpasso trainato in primis dal Pdl con un incremento di 4,5 punti. Una fotografia che consentirebbe al centrodestra di mettere le mani sul premio di maggioranza alla Camera. Senza contare che, come mostrato a Berlusconi da Denis Verdini, con questi numeri il centrodestra si aggiudicherebbe il Piemonte e il Friuli al Senato e aumenterebbe ulteriormente i suoi seggi visto che Monti resterebbe sotto la soglia di sbarramento.
Sono proprio queste percentuali a rendere credibile il messaggio che il presidente del Pdl lancerà da Bari, nel grande appuntamento organizzato, attraverso un lavoro capillare da Raffaele Fitto: «Non tradirò mai i miei dieci milioni di voti. O il Pd dialoga con noi o si vota a giugno». Anche perché, spiega Berlusconi in una cena di autofinanziamento con oltre 450 tra imprenditori e amministratori locali, «noi volevamo l'elezione diretta del Capo dello Stato». Visto che ciò non è stato possibile ora «vogliamo un presidente della Repubblica degno di esserlo. Rischiamo di avere persone inadatte a causa delle divisioni del Pd. I signori della sinistra, guardando al loro passato, facciano autocritica per i loro errori. Solo così potremo far nascere un governo insieme, altrimenti subito al voto».
Il pivot della trattativa resta Gianni Letta. È lui a tenere i contatti riservati con Errani e Migliavacca oltre a Massimo D'Alema. Il Pd, però, fatica a intraprendere una strada precisa e sembra sbandare a ogni curva, vittima dei suoi dubbi e delle sue divisioni interne, nonostante Berlusconi sottolinei che «siamo anche disposti a scegliere un presidente della Repubblica tra una rosa di nomi fatta dal Pd, l'importante è che sia una persona adeguata e sia la migliore per tutti gli italiani». Il Pdl, insomma, pretende «pari dignità», non intende mettere veti, al di là di candidature considerate «provocatorie», ma preferirebbe che si procedesse alla scelta di una personalità con esperienza politico-parlamentare perché, per dirla con Maurizio Gasparri, «non è più tempo di dilettanti allo sbaraglio». Piuttosto serve una figura rodata che possa gestire con saggezza questa rovente primavera post-elettorale.

E comporre in armonia le tante dissonanze di queste settimane.

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