Milano«Piuttosto che avere una giunta commissariata e delegittimata, allora andiamo alle elezioni subito». È la linea del presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, che nonostante lo scontro politico in atto con la Lega, vuole mantenere il pallino politico e non intende lasciarsi rosolare (e far rosolare la Lombardia) a fuoco lento dai leghisti. Se elezioni devono essere, è la posizione condivisa con i suoi, è meglio votare subito e si parla di un possibile spiraglio per dicembre. «Andiamoci subito, non possiamo infliggere ai lombardi sei mesi di campagna elettorale. Meglio farne solo tre» dice Formigoni.
Né a Formigoni né all'intero Pdl - che ieri ha sentito Silvio Berlusconi e i maggiorenti del partito, che hanno garantito il pieno appoggio al governatore - conviene lasciare libera la Lega di fare la voce grossa, a recitare la parte dei «buoni». Così Formigoni, che pure mantiene una linea molto morbida nei confronti della Lega («Per me il patto di giovedì scorso è ancora valido»), anche nelle dichiarazioni ufficiali lascia intendere di essere pronto ad andare al voto, e anzi di preferirlo, piuttosto che lasciare la Regione col fiato sospeso, nell'impossibilità di governare. E così «ognuno deve assumersi con chiarezza le proprie posizioni» e «non permetterò che si allunghi il periodo di incertezza».
Ieri mattina, prima del consiglio federale della Lega, Formigoni ha sentito Roberto Maroni. Dopo il vertice, gli ha mandato un messaggino: «Alura? (allora in lombardo, ndr) Fammi sapere»), che fino a ieri sera non aveva ancora ricevuto risposta. Il segretario della Lega non si è fatto trovare per tutto il giorno e questo lascia capire l'imbarazzo vissuto dopo la segreteria federale di via Bellerio.
In serata Formigoni, ospite di In Onda su La7, affronta anche il tema dell'inchiesta che ha portato in carcere Antonio Simone (recentemente rilasciato) e Pierangelo Daccò. E dà la sua interpretazione degli articoli di stampa: «La campagna di Repubblica contro di me? Chissà se c'entra un po' il fatto che De Benedetti abbia potenti interessi sanitari in Lombardia. L'attacco di De Benedetti dipende dal fatto che le sue cliniche non riescono a stare al livello delle altre?».
Dietro il movimento tellurico con la Lega, e nonostante il rischio che il delicato equilibrio della Regione crolli, su un binario parallelo rimangono aperte le trattative per la composizione della nuova giunta. L'accordo siglato giovedì scorso a Roma prevedeva l'azzeramento totale della squadra di Formigoni, che è già avvenuto: i quindici assessori hanno formalizzato il proprio addio e da lunedì scatteranno i 10 giorni previsti dallo statuto per la nomina della nuova giunta.
Formigoni ieri era a Saint-Vincent, alla convention dei dc del Pdl, area di cui fa parte l'assessore regionale Domenico Zambetti, arrestato nell'inchiesta sulla 'ndrangheta. Circolano i primi rumor sulle proposte della Lega, che vorrebbe mantenere il vicepresidente della Regione, Andrea Gibelli, e portare in giunta l'attuale capogruppo, Stefano Galli. Rimane un dubbio sul terzo assessore della Lega: uno dei criteri sarebbe privilegiare la presenza femminile, ma non è escluso che Luciana Ruffinelli torni a essere consigliere regionale per lasciare spazio all'assessore Giulio De Capitani, non consigliere. L'ipotesi è che la squadra sia di otto componenti, con gli altri cinque espressione del Pdl: oltre alle due donne Valentina Aprea e Ombretta Colli, un esponente di area An, uno di area della segreteria regionale e un terzo legato a Formigoni. Nel Pdl lombardo prevale la spinta al cambiamento drastico.
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