
Non c'è solo Antonio Bevere, toga democratica ormai in pensione, a pretendere che spariscano dal web gli articoli che non gli piacciono. Il provvedimento con cui l'altro ieri è stato oscurato dal sito del Giornale un testo che riguardava Bevere - autore della sentenza che nel 2012 condannò al carcere Alessandro Sallusti - è stato reso possibile anche dall'intervento di due magistrati ancora in servizio, un pubblico ministero e un gip, autori di fatto di una censura preventiva. Che l'articolo su Bevere fosse diffamatorio, infatti, per adesso lo dice solo Bevere stesso. Non c'è ancora stato un processo, e nemmeno una richiesta di rinvio a giudizio. Ma nel frattempo Bevere è riuscito nel suo risultato: da ieri mattina chi «clicca» sul link dell'articolo, sul sito del Giornale.it, si vede stoppare: «Non sei autorizzato ad accedere a questa pagina». Merito dei carabinieri che giovedì mattina si sono presentati di buon'ora in redazione, spiegando che non sarebbero andati via fino a quando il «pezzo» incriminato non fosse stato cancellato da internet. Ma merito soprattutto dei due magistrati che hanno sposato in pieno le tesi dell'ex collega. Bevere chiede la rimozione dell'articolo solo nell'ottobre scorso, a più di un anno dalla sua pubblicazione. Ma non accade nulla per qualche mese. Poi, a febbraio 2014, si muove anche la procura di Monza (probabilmente, nella persona del pm Stefania Di Tullio, che è titolare del fascicolo scaturito dalla querela di Bevere) che chiede anch'essa il sequestro preventivo. E il 7 marzo scorso il giudice preliminare Alfredo De Lillo, dopo averci pensato su una quindicina di giorni, firma il decreto: «Rilevato che gli indagati (ovvero l'autore dell'articolo e il direttore del Giornale, ndr) potranno essere chiamati a rispondere dei reati di cui in epigrafe e che la libera disponibilità del bene di cui innanzi (ovvero l'articolo, ndr) comporta il pericolo di aggravamento e protrazione delle conseguenze dannose del reato per cui si procede, potendosi ipotizzare - pur a notevole distanza di tempo dalla pubblicazione - la lettura dell'articolo da parte di un numero indeterminato di persone», il giudice De Lillo dispone l'oscuramento della pagina web. Se ne potrebbe dedurre che De Lillo abbia già deciso che l'articolo è diffamatorio, il che sarebbe singolare visto che non c'è ancora stata una sentenza, nemmeno di primo grado. Il codice prevede espressamente la possibilità dei sequestri preventivi per impedire la prosecuzione di un reato, ma in questo caso è ancora tutto da dimostrare che un reato vi sia stato. Dettagli di poco conto, evidentemente.
Come il fatto che la Costituzione dica che la stampa può essere sottoposta a sequestro preventivo solo con provvedimento motivato dell'autorità giudiziaria, mentre di motivazione, nel provvedimento firmato dal gip monzese, non c'è traccia. Anche per questo, i legali del Giornale impugneranno il sequestro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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