I sondaggi sono come i vangeli apocrifi: saranno inesatti, ma contengono molte verità. Non ci si può fidare dei singoli dati, tuttavia il risultato complessivo è credibile. Ce l'ha insegnato l'esperienza: non prendiamoli alla leggera. La campagna elettorale non è ancora cominciata o, meglio, non è entrata nella fase calda, per cui ciò che oggi gli istituti demoscopici portano in evidenza, un domani potrebbe essere destinato a mutare. In ogni caso, certe indicazioni offerte dalle tabelle quotidianamente pubblicate, e contenenti le previsioni elettorali, sono utili per misurare la temperatura politica a poco meno di un mese dalle europee.
Va da sé che il Pd, grazie alla spinta fornitagli dal ciarliero Matteo Renzi, figuri primo in classifica con percentuale buona seppure non sconvolgente: 34. Se questa cifra fosse confermata dopo lo spoglio, il giovinotto fiorentino non avrebbe di che lamentarsi, e potrebbe continuare a cavalcare la tigre rottamatrice senza temere di essere sconfessato dai compagni, cui innanzitutto preme la conservazione del posto, altrimenti detto poltrona. Massì, siamo uomini di mondo e non ci scandalizziamo se il fine ultimo dei politici sia la sopravvivenza.
Segue a distanza il Movimento 5 stelle (niente affatto cadenti) con il 22 per cento circa (il «circa» è d'obbligo per ogni partito). E Forza Italia? Arranca intorno al 19,5. Deludente? Il numero, preso così, a sé stante, non autorizza i berlusconiani a esultare. Però bisogna considerare la formazione alfaniana, cioè il Ncd, recentemente staccatasi dalla casa madre del Cavaliere e unitasi all'Udc per motivi utilitaristici, che è valutata abbastanza bene: 6,5 per cento. Che, assommato al 19,5 di Fi, fa il 26. Mica male, se si tiene conto che fino ad alcuni mesi fa il centrodestra non era ancora diviso.
A questo 26, occorre aggiungere un 6 per cento attribuito alla Lega di Salvini, convertitasi all'anti euro, e un 2,5 di cui sono accreditati i cosiddetti Fratelli d'Italia-An. Totale del centrodestra eterodosso: 34,5. Se la matematica non è una materia opinabile, significa che il citato centrodestra, qualora non si fosse spezzettato dissennatamente in vari gruppuscoli, riuscirebbe ad appaiare nei sondaggi il Partito democratico.
È la prova che l'idea iniziale di Silvio Berlusconi, ovvero quella di riunire sotto lo stesso tetto tutti i movimenti ostili alla sinistra, non era affatto sbagliata. Purtroppo, le beghe interne non hanno consentito a questo schieramento, definito per comodità moderato, di rimanere compatto, cosicché ora siamo in presenza di troppi gruppuscoli dispersivi. I quali però se decidessero di ricompattarsi, magari nella prospettiva di eventuali consultazioni politiche anticipate, diventerebbero un avversario temibile per i progressisti e addirittura in grado di vincere le elezioni. Non lo dico io, sempre sospettabile di partigianeria, ma lo certificano i dati di cui vi ho reso edotti nel rispetto dell'oggettività.
In altri termini, serve sottolineare un concetto indiscutibile: il centrodestra, nella sua intierezza, non è affatto inferiore (dal punto di vista numerico) al centrosinistra. Dal che si evince che esso è caratterizzato da una notevole stupidità. Per una semplice ragione incontestabile: se fosse rimasto compatto, anziché sbriciolarsi per meschine questioni di potere, ora sarebbe pronto a contendersi la vittoria europea con i renziani. I quali begano, ma non si sparpagliano e, quindi, mantengono intatte le loro probabilità di prevalere sugli avversari.
In effetti i voti del centrodestra non sono svaporati, però gli elettori sono disorientati e non sanno su
quale simbolo tracciare la croce: si domandano sgomenti chi comandi in questo guazzabuglio. Ce lo domandiamo anche noi, e non siamo capaci di rispondere, ma solo di scuotere la testa, l'unica cosa che ci è rimasta, forse.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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