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Che follia suicida attaccare Gheddafi

Se una volta la Libia era potenzialmente una minaccia, oggi è un reale pericolo e non si limita ad annunciare violenza, ma la esercita con efferatezza

Che follia suicida attaccare Gheddafi

Avevamo avuto subito l'impressione che la cosiddetta primavera araba non promettesse un futuro radioso. Lo pensavamo un anno e mezzo fa, circa, e ora è arrivata la conferma che i nostri sospetti erano fondati. Non parliamo della Siria o dell'Egitto dove il disastro è evidente da tempo – e non ci stupiamo che la situazione si aggravi di giorno in giorno – bensì della Libia che ormai ha rivelato in pieno la sua indole fanatica. L'Occidente si era coalizzato per cacciare il dittatore Gheddafi, convinto che i ribelli potessero trasformare la tirannide in un paradiso democratico; li aveva aiutati nella battaglia fornendo loro armi sofisticate e aerei da bombardamento; aveva scommesso sulla sconfitta del Colonnello e, dopo averlo abbattuto con somma soddisfazione, si deve rendere conto di avere sbagliato i calcoli.

Se una volta la Libia era potenzialmente una minaccia, oggi è un reale pericolo e non si limita ad annunciare violenza, ma la esercita con efferatezza. L'uccisione dell'ambasciatore e di tre cittadini statunitensi (trascurando la vittima in Egitto nel corso di disordini) dimostra che, da Tripoli a Bengasi, quel Paese è in balia di esaltati estremisti incapaci di essere tolleranti, i quali si servono di pretesti religiosi per accanirsi su chi abbia idee diverse dalle loro.
Il movente della strage infatti è quasi paradossale oltre che folle: punire gli Usa per avere prodotto un film, critico verso l'islam, girato da un regista di origine ebraica. Ciò significa che la Libia si è liberata di Gheddafi ma è caduta dalla padella nella brace: i nuovi padroni, in altri termini, sono più crudeli e inaffidabili di quelli vecchi, con i quali l'Italia aveva intessuto buoni rapporti e concluso ottimi affari, non solo petroliferi. Che le cose sarebbero andate così bisognava immaginarselo: nel nostro piccolo avevamo previsto tutto. Ma la Francia, in particolare, la Nato e gli stessi Stati Uniti non sentirono ragione: l'imperativo era far fuori il raìs, e nessuno aveva pensato che i successori del despota sarebbero stati peggiori di lui. Così è, invece.

Maledetto il giorno in cui l'Europa (esclusa la Germania) e gli Usa decisero di impegnarsi militarmente per rovesciare un regime senza preoccuparsi delle conseguenze. La speranza, tenue, è che il massacro compiuto ieri sia un episodio isolato e non l'inizio di un ciclo di spietatezze cui i fondamentalisti islamici sono avvezzi. L'11 settembre 2001 non è stato dimenticato.

Come reagirà Washington non è ancora dato sapere, ma è improbabile che il presidente Barack Obama, in piena campagna elettorale, rimanga con le mani in mano. Una tragedia tira l'altra. Questa è l'unica certezza.

di Vittorio Feltri

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