Ci ritroviamo in casa un piccolo tempio di volti sconosciuti, sagome paffute, donne con gli chignon che, a sfoltire il principio di baffi, sarebbero bellissime. Prozie, trisavole, avi caduti in guerra. E magari, scatti rubati alla Storia: il costume e la protesta al tempo che vivevano. Tutto questo, oggi, ha un valore non solo affettivo e simbolico. Come eravamo (associazione per la salvaguardia della memoria amatoriale filmica) e Nosarchives.com (archivio di cinema amatoriale) ci consentiranno di «riciclare» le nostre vecchie immagini grazie al festival Il Gusto della Memoria: un concorso che, nelle categorie Fiction, Documentari, e Pubblicità, rivende al cinema e alla tv i nostri reperti. Consentendo ai privati, a noi che consegniamo le nostre immagini, di guadagnare una lauta parcella. Oltre all'ebbrezza di ritrovare i ricordi in un film che non abbiamo mai visto prima.
«Anzitutto abbiamo lavorato per chiarire, con avvocati anche internazionali, i diritti d'autore sui filmati amatoriali - spiega Cecilia Paglierani, ideatrice del progetto - . Avevamo 5mila pellicole, perché le famiglie hanno creduto alla nostra idea fin dal principio; i primi acquirenti sono stati Arté (tv francese abbastanza visionaria) e la tv nazionale giapponese. Ma oggi abbiamo 18mila film, che vanno dal 1922 al 1984, e fotografie dal 1895 al 1960». Cosa s'intende per film e cosa per foto, in questo relitto virtuale pronto alla seconda vita? I reperti catalogati da Paglierani sono bobine di pellicola (i film d'epoca, in qualunque formato), e le fotografie in lastre di vetro o sterografi.
Naturalmente c'è un piccolo profitto per i «donatori di reperti». «Molto più che piccolo! - precisa Cecilia Paglierani - Alle famiglie andrà il 50% delle pellicole vendute. Significa che, ottenute le licenze di utilizzo su trasmissione nazionale, per cinque anni, queste licenze di utilizzo fruttano 350 euro al minuto. Alle famiglie, per ogni minuto di film trasmesso, andranno 175 euro. Gli archivi esistenti, in genere, viaggiano su percentuali del 5%».
L'archivio ha mosso i primi passi cinque anni fa, mentre il festival (iniziato senza un contest) è alla terza edizione. Il 27 e il 28 settembre di quest'anno, la mostra si svolgerà tra Roma e il lago di Bracciano, su un battello. C'è una collezione intitolata «Fondo Castellini», con immagini del famoso notaio che viveva tra Londra e Roma; fotografie di soldati fascisti che passeggiano sulla spiaggia tra ragazze in costume da bagno: scatti rubati, così, a Venere e Marte che sorridono noncuranti, quasi fuori dal tempo. Di più. Quelli di Nosarchives sono ducumenti di «un mondo molto più libero e volitivo di quello che immaginiamo essere gli anni Cinquanta e Sessanta», dice ancora Paglierani. Per esempio? Contadine che, nel pic-nic domenicale, immortalavano le loro ubriacature, o viaggiatrici che, negli anni Sessanta, filmavano in otto millimetri le loro vacanze. Vere cineamatrici. Altro che gli album su Facebook: quelli erano diari personali, ricordi che palpitavano solo nei loro cassetti. Oggi, un tesoro per chi volesse sapere di più non solo di loro, ma del mondo che si muoveva intorno, quello che loro ossequiavano o a cui disobbedivano ma al quale per forza, in qualche modo, somigliavano.
Paglierani è una montatrice professionista: taglia e cuce le immagini per Gianni Amelio, sa come il buon montaggio, disponendo delle immagini giuste, faccia l'arte anche dei documentari. Un buon montatore dovrebbe «leggere tutto Fitzgerald, e guardare tutti i film di Orson Welles. Guai a confondere il montaggio con la conoscenza dei software.
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