È finita. Il governo dei tecnici chiuderà bottega con un paio di mesi di anticipo sulla tabella di marcia. Ieri infatti il presidente Napolitano ha dato il via libera a votare il dieci marzo, Regionali e Politiche insieme. Il che significa che le Camere saranno sciolte al rientro delle vacanze di Natale. Da qui ad allora c'è giusto il tempo di approvare la legge di stabilità e null'altro.
L'anomalia di un governo non eletto e che dopo un anno fallimentare si ritrova incapace di affrontare e gestire le tensioni sociali figlie della crisi e della sua politica recessiva è quindi giunta al capolinea. Adesso tocca ai partiti per i quali suona quindi la campanella di fine ricreazione. Basta inutili dibattiti, dispetti, polemiche sterili, tatticismi. Da oggi si fa sul serio. Tra sette giorni, con le primarie, sapremo se la sinistra si affiderà a Bersani o a Renzi e da lì discenderà tutto il resto. Solo a quel punto Berlusconi scioglierà la riserva, Monti deciderà se cedere alle sirene di chi lo vorrebbe in campo con una sua lista, Casini con chi stare.
Mi spiace per Alfano, ma a questo punto, e con tempi così stretti, le primarie del Pdl appaiono come un'inutile prova di forza tra colonnelli oltre che spreco di denaro. Insistere nel volerle rischia di diventare un ulteriore momento di lacerazione in un Pdl già provato. Diamo il risultato per scontato: vince Alfano, a lui adesso dirci cosa vuole fare e con chi, poi ognuno tirerà le sue conclusioni.
La situazione, quindi, si sta mettendo come aveva immaginato Berlusconi, che evidentemente tanto morto non è. Non so, ma l'impressione è che il tira e molla dell'ex premier negli ultimi mesi fosse tattica più che indecisione. Un comperare tempo per arrivare con meno danni possibile sulla linea di partenza con il vantaggio di non scoprire le carte prima degli avversari. Adesso ci siamo, sette giorni e poi sapremo se è stato un bluff o no.
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