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Le cinque balle sul "martirio" di Fabio Fazio

Il martirio, la cacciata, la censura, i 40 anni in Rai e i guadagni: ecco tutte le fandonie usate dalla sinistra per attaccare la Meloni e il governo

Le cinque balle sul "martirio" di Fabio Fazio
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Rai a destra, Fazio lascia. E poi: La vergogna della Rai. Eccoli lì, i titoli d'apertura dei giornali. Fabio Fazio cacciato. Fabio Fazio censurato. Fabio Fazio martire. È partita la gran cassa. In testa, oltre alle schiere di politici, troviamo i soliti. Roberto Saviano, per esempio. "Fazio viene cacciato dalla Rai perché del suo spazio questa destra xenofoba ha bisogno", ha twittato. "Non per imporre la propria egemonia culturale, ma per imporre la propria egemonia. Di culturale - ha continuato - questa destra non ha proprio nulla". Ma la verità è diversa: Fazio non è un martire perché non è stato cacciato né censurato, in passato se ne era già andato dalla Rai e, a proposito dei lauti contratti siglati grazie a lui, molto ci sarebbe da scrivere. Ma andiamo con ordine.

Il martirio di Fazio

Sgombriamo subito il campo dalla prima balla. No, Fazio non è un martire. Epperò sia a lui sia alla sinistra fa tanto comodo giocarsi questa carta contro il governo Meloni. Sebbene ieri sera, durante la trasmissione, ci abbia tenuto a sottolineare che né lui né Luciana Littizzetto hanno alcuna "vocazione a sentirsi vittime né martiri" e che si sentono persone "fortunatissime" perché avranno "occasione di continuare altrove il nostro lavoro", la narrazione che ha preso piede nei Palazzi romani, tra i corridoi di viale Mazzini e su una certa stampa è (guarda un po') proprio quella del personaggio scomodo fatto fuori dal nuovo corso sovranista della Rai. "È una gravissima perdita per il servizio pubblico e un grande errore editoriale", lamentava a Che tempo che fa Ferruccio De Bortoli. E Fazio subito pronto a sferrare il colpo basso: "Non si può essere adatti a tutte le stagioni. Io non credo di esserlo". E così ha deciso di far calare il sipario al momento giusto. E non tanto in concomitanza dell'imminente finale di stagione della trasmissione, che avrebbe avuto tutto il tempo per ricomparire nei palinsesti autunnali, quanto piuttosto in concomitanza del via libera del cda alla nomina di Roberto Sergio ad amministratore delegato. Un tempismo che, a pensar male, sembra stato scelto proprio per far scoppiare il bubbone.

La cacciata dalla Rai

Fazio non è un martire perché nessuno lo ha cacciato. Eppure c'è chi come Rula Jebreal ha parlato di "neo maccartismo, post verità e post vergogna". Niente di più lontano dalla verità. Partiamo da un dato incontrovertibile: chi avrebbe dovuto lavorare al rinnovo del contratto per tempo, non lo ha fatto. Perché? Non certo perché rispondeva a un diktat della Meloni o di uno dei partiti di maggioranza. Sempre la Jebreal ha puntato il dito contro Matteo Salvini quale mandante dell'"attentato". Alla giornalista e a tutta la sinistra non è andato giù il tweet del leader leghista "Belli ciao". Che con Fazio non corresse buon sangue non era certo un mistero, ma da qui allo scrivere che l'ha fatto fuori lui ce ne passa. Anche da viale Mazzini, d'altra parte, hanno fatto notare che il dossier non era ancora stato affrontato. "Nessuna proposta su contratti di programmi di rilevanza strategica o di particolare valore - come quello di Fabio Fazio - è stata portata all'attenzione del cda in questi ultimi mesi", ha precisato ieri sera, in una nota, lo stesso cda rimarcando che i piani autunnali di produzione e trasmissione erano stati appunto rinviati su proposta dell'ad (uscente) Carlo Fuortes.

40 anni a viale Mazzini

Per rafforzare l'idea del martirio la narrazione di queste ore ha posto, in modo particolare, l'accento sul fatto che Fazio viene cacciato via dalla Rai dopo quarant'anni di onorato servizio. Anche in questo caso la verità è un'altra. E ce la ricorda Nicola Porro sul suo sito ritirando fuori quando nel 2000 il presentatore lasciò viale Mazzini per approdare su Telemontecarlo insieme a Gad Lerner. Un trasloco da 13 miliardi di lire, mica noccioline. Un maxi ingaggio che fece strabuzzare gli occhi persino a Marco Tronchetti Provera quando, rilevando l'emittente, vide i conti in rosso e gli venne uno stranguglione. Spending review immediata e ritorno altrettanto immediato di Fazio da mamma Rai. Con una buonuscita non di poco conto versata sul suo conto corrente in banca. Oggi, come vent'anni fa, ha fatto la sua scelta: ha strappato un'offerta più vantaggiosa (o quantomeno alla pari) e un contratto blindato per quattro anni. In Rai, invece, avrebbe dovuto ricontrattare di anno in anno.

Che tempo che fa censurato

Una scelta, dunque. Nessuna censura. Ma a Repubblica, tanto per fare un esempio, fa comodo venderla in questo modo. E così ecco Michele Serra rivangare, per l'occasione, il momento in cui fu servita sul piatto di Silvio Berlusconi "la testa di Enzo Biagi, con il contorno di quelle di Santoro e Luttazzi". Il famoso "editto bulgaro", altro classico della vulgata progressista. "In un Paese con gli occhi aperti di quello avrebbe dovuto occuparsi la magistratura, altro che cene eleganti". La verità, come abbiamo visto, è un'altra. Nel bel mezzo del cambio dell'amministratore delegato Fazio ha colto l'occasione per passare sulla Nove. Lì continuerà a fare quello che faceva in Rai. Nessuna censura. Quella la lasciamo a Paesi per cui, troppo spesso, la sinistra va in visibilio.

Il valore (economico) di Fazio

E veniamo all'ultima grande balla: Fazio costava tanto ma faceva anche guadagnare tanto. Senza scendere in tecnicismi inutili, già in passato, sono stati molti a confutare questa narrazione. Ancora oggi il Codacons ci ha tenuto a ricordare che "il contratto è sempre stato coperto dal massimo riserbo, anche a causa delle somme esorbitanti riconosciute dall'azienda al conduttore che, secondo le indiscrezioni e le cifre circolate, avrebbe ricevuto per anni un doppio compenso al punto che Che tempo che fa potrebbe aver raggiunto in cinque anni il costo record di 100 milioni di euro".

Una cifra esorbitante che difficilmente può essere parametrata ai ricavi pubblicitari incassati nello stesso arco di tempo.

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