La stanza di Feltri

Il cittadino Vannacci senza libertà di parola

Con amarezza ho appreso di questa indagine, aperta e avviata in seguito alle segnalazioni di alcune associazioni le quali ritengono che il generale Vannacci abbia, con il suo incensurabile scritto, esortato all'odio e alla discriminazione

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Gentile Direttore Feltri,
ho letto con interesse il suo ultimo libro, Fascisti della parola, nel quale lei, capitolo per capitolo, analizza e denuncia la nostra ossessione per certi vocaboli, giudicati e considerati discriminanti, offensivi, insultanti, e per questo vietati. Siamo vittime di una cultura improntata al politicamente corretto, che non fa altro che svilire non soltanto il vocabolario, ma anche e soprattutto la nostra sacrosanta libertà. Ora il generale Vannacci, che ha idee molto simili alle sue, è indagato per istigazione all'odio razziale per alcune frasi contenute nel suo libro, che ho letto e che mi ricorda in qualche modo il suo. Cosa pensa di questa che, a mio avviso, è una persecuzione nei confronti del generale?
Simonetta Zoccali

Cara Simonetta,
con amarezza ho appreso di questa indagine, aperta e avviata in seguito alle segnalazioni di alcune associazioni le quali ritengono che il generale Vannacci abbia, con il suo incensurabile scritto, esortato all'odio e alla discriminazione. A me pare che ad essere odiato e discriminato sia proprio l'onorevole soldato, che non può essere reputato colpevole di pensarla in un certo modo o di esprimere opinioni personali che è legittimo che egli estrinsechi, a prescindere dal ruolo. Ricordo infatti agli smemorati che la libertà di pensiero, sancita dall'art. 21 della Costituzione, è riconosciuta alla persona umana prima ancora che al cittadino. Vannacci è libero di dire la sua in qualità di essere umano e tale diritto è un diritto assoluto, inviolabile, irrinunciabile, intrasferibile, imprescrittibile. Mi impressiona che un uomo possa essere segnalato e sottoposto ad inchiesta giudiziaria in quanto è considerato potenzialmente reo di pensarla in una certa maniera. Dunque, il termine che tu adoperi, «persecuzione», è calzante e non costituisce una esasperazione, una esagerazione. Non trovo affatto che le espressioni incriminate usate da Vannacci rappresentino una forma di istigazione all'odio razziale. Egli si limita a compiere osservazioni inoppugnabili, ad esempio quando scrive, a proposito dell'atleta Egonu: «Anche se è italiana di cittadinanza, è evidente che i suoi tratti somatici non rappresentano l'italianità». Questo è uno dei passaggi messi all'indice. Dove sta l'invito ad odiare o discriminare chi ha la pelle nera? Egonu è cittadina italiana? Sì, quindi Vannacci dice il vero. I tratti somatici di Egonu sono tipici italiani? No, non lo sono. E anche in questo caso il generale afferma la verità e la verità non è insultante. Qualora Vannacci avesse dichiarato che Egonu, non essendo italiana ed essendo la sua pigmentazione scura, deve essere trattata come cittadina di serie B o debba essere maltrattata o altro, allora sì che si sarebbe potuto configurare il reato di istigazione all'odio razziale. Non ricorrono i presupposti per sostenere un'accusa tanto grave e infamante. Il generale non ha mai partorito un simile concetto e sono convinto che non lo abbia mai neppure concepito nei meandri della sua mente.

Ad essere combattuta è, ancora una volta, la libertà di pensiero, che non può essere assoggettata a vincoli o limitata in quanto Vannacci indossa la divisa. Nella Costituzione non si legge che ciascuno è libero di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione, a condizione che non si tratti di un militare. Eppure ho sentito proclamare anche questo: che Vannacci, ricoprendo un determinato ruolo, non dovrebbe e non potrebbe compiere certe uscite. Ma dove sta scritto? Chi lo ha stabilito? La carriera militare implica forse la rinuncia alla propria fondamentale libertà di pensiero?

Eppure Vannacci è colpevole, non lo nego. È colpevole di avere l'imperdonabile coraggio di esprimere le sue opinioni. Un coraggio e un atto che si pagano in una società in cui predominanti sono perbenismo e ipocrisia e in cui si è affermato il culto del conformismo del pensiero, per cui, se non ti adegui ad un preciso sentire, vieni visto come soggetto pericoloso, borderline, una sorta di minaccia. Divieni insomma colui che ha osato contraddire un intero sistema ponendolo in discussione.

Vannacci ha dimostrato di essere un soldato perbene e non un soldatino, uno di quelli di cui è gremita questa società, uno di quelli sempre pronti a inchinarsi, a prostrarsi, a rinunciare all'utilizzo del proprio cervello, ad adeguarsi per quieto vivere, a farsi ammaestrare, addestrare, zittire, impaurire.

Vannacci, che orgogliosamente rivendica le sue idee, ha dato prova di essere un combattente di valore in questa guerra collettiva alle nostre fondamentali libertà, prima tra tutte quella di parola.

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