Prima lo sconforto: «Ma non lo sanno che, a tirare troppo, la corda si rompe?». Poi carta e penna. Venti righe scarse, ma bastano a Giorgio Napolitano per mettere in chiaro due punti fondamentali. Primo, è inutile straparlare di elezioni anticipate, perché la decisione sulla data del voto spetta al Quirinale: «È un potere che appartiene solo al presidente della Repubblica». Secondo, i partiti della maggioranza ABC, oltre a continuare a sostenere Monti, devono cambiare la legge elettorale e dare una prova di «coesione nazionale che rafforzerebbe la credibilità del Paese». L'intesa sembrava fatta, «era annunciata come imminente», invece ora le posizioni sono «più sfuggenti e polemiche». Se al Colle non è piaciuta la mossa del Pdl di forzare la mano presentando comunque un testo, ancora meno sono state gradite le parole di Bersani sulla crisi e l'intervista della Bindi all'Unità, che ha minacciato il voto.
Muro contro muro, veti incrociati, Monti paralizzato e, di conseguenza, gravi rischi per l'Italia perché, spiegano, «ogni segno di logoramento del governo, accompagnato da voci sul voto anticipato, alimenta la speculazione». Questa la situazione vista dall'ottica del Colle: partita incartata, serve lo spariglio. E così il capo dello Stato spedisce il suo messaggio alle sei di sera, prima di ricevere il Professore in partenza per il suo pellegrinaggio europeo e dopo aver incassato il millesimo attacco di Antonio Di Pietro: «Napolitano e Monti? Sono diventati peggio di Berlusconi. Per loro la nostra bella Costituzione è diventata una pastoia, un ostacolo». Nel frattempo, tanto per rafforzare la sensazione del «tutti contro tutti», arriva alla Corte costituzionale il ricorso del Quirinale per conflitto di attribuzione nei confronti della procura di Palermo, che aveva intercettato alcune telefonate del presidente. La Consulta deciderà se un magistrato può ascoltare, sia pure indirettamente, un capo dello Stato senza violare la Carta. Unica buona notizia, lo spread in calo e la Borsa in ripresa.
In questa cornice slabbrata, Napolitano ha ritenuto opportuno fissare alcuni paletti. A suo modo di vedere la riforma elettorale è la precondizione per concludere in modo adeguato e alla scadenza naturale la legislatura. E si lamenta perché l'appello ai partiti di tre settimane fa è stato trascurato. Anzi, ora sono più lontani di prima, proprio mentre l'Italia «è in una fase di persistenti gravi difficoltà e di prove internazionali». Se ne esce, scrive, solo tornando alla proposta originaria, cioè «la formalizzazione di un testo di riforma ampiamente condiviso» sulla parte generale e aperto «su alcuni punti controversi».
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