il commento 2 È l'animo nobile che fa il buon gusto

di Daniela Fedi

L'estate è una stagione ciabattona, si sa: sotto il sole cocente ben pochi riescono a conservare l'aplomb. Poi ci sono quelli che esagerano e ultimamente ci sembra che lavorino tutti nel mondo della moda. È infatti salito vertiginosamente il numero di quelli che per vestirsi seguono come un mantra il «famolo strano» di Verdone. Palombari ciclisti, vampiri con tanto di mantello, adoratori dell'uomo ragno e marinaretti cui manca solo il secchiello, si aggirano da tempo attorno alle passerelle: una triste parodia del carnevale. Al Pitti di Firenze abbiamo visto anche una ragazza giapponese con berretto di lana sotto il solleone di mezzogiorno, un marcantonio di colore in tuta rosa di pizzo trasparente e un personaggio geneticamente modificato tra Lancillotto e Bravehart. Poi c'era la solita folla di tipini fini con il pigiama d'ordinanza dal mattino alla sera, le scarpe grosse rigorosamente indossate senza calze e la borsetta a mano che anche per i maschi si chiama clutch. Tutti costoro che a malapena salutano e manco morti cederebbero il posto a una persona anziana sui mezzi pubblici, quando s'incontrano con altri addetti ai lavori della moda, scambiano baci nell'aria per evitare di scambiarsi gli umori sudaticci delle guance incrostate di BB Cream. Per quanto ridicolo e degno dei cicisbei settecenteschi, questo gesto ci sembra il massimo dell'eleganza dopo aver visto le imbarazzanti immagini delle abluzioni di Cavalli in barca.

A Firenze ieri non si parlava d'altro e così sono passate in secondo piano tante cose degne del Cafonal di Dagospia: dal tremendo «lei non sa chi sono io» usato e abusato a tutti gli ingressi, al nome del potente padre che ancora funziona come apriti sesamo.

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