di La bocciatura del decreto sui tagli ai costi della politica nelle Regioni e negli enti locali la dice lunga sulla situazione in cui ci troviamo. Mentre il debito pubblico è alle stelle e l'economia declina, e mentre il ceto politico offre ogni giorno uno spettacolo desolante, deputati e senatori si sentono autorizzati a esprimere - come recitano le agenzie - «un secco parere contrario» di fronte al tentativo di ridurre la spesa pubblica più improduttiva: quella destinata agli apparati di chi ha fatto della politica una professione. Il testo introdurrebbe tetti ai compensi di consiglieri e assessori, la fine dei vitalizi facili, il pareggio di bilancio e altre misure correlate, ma tutto rischia ora di saltare per le resistenze di quegli stessi partiti che stanno perdendo giorno dopo giorno i propri consensi. Colpisce, soprattutto, la sfrontatezza con cui la Casta difende l'esistente: a dispetto di «Batman» Fiorito (nel tondo) e dei disastri lombardi. Disponibili a qualunque sacrificio (altrui) quando si tratta di innalzare l'Iva, introdurre l'Imu, eliminare le detrazioni per l'Irpef e via dicendo, i politici alzano le barricate e sfoderano la retorica più bizantina quando invece sono in gioco i loro privilegi e la spesa pubblica che li riguarda. È chiaro a tutti, eccezion fatta per qualche demagogo, che il salvataggio del Paese non dipende dal fatto che si riducano della metà, o meno ancora, gli onorari che il ceto politico si è autoassegnato, ma è pur vero che anche questo può servire in una situazione finanziaria tanto compromessa. Soprattutto si tratta di dare segnale che indichi la volontà di essere un po' più seri, dopo decenni di Basso Impero. Oltre a essere spregiudicata, la nostra classe politica appare incapace di mettersi in sintonia con il Paese. Evidentemente questi signori vivono in un mondo a parte e non comprendono quanto ormai siano detestati dal resto della società. D'altra parte, se così non fosse non passerebbero le giornate a criminalizzare quegli artigiani e quei commercianti che, aiutandosi con l'evasione, magari riescono a mettere assieme un reddito mensile di 2 mila euro facendo una vita da cani, mentre un deputato o consigliere regionale guadagnano molte volte di più producendo - da ogni punto di vista - assai meno. Se chi ha bocciato il decreto governativo conoscesse gli umori da cui la nostra società è attraversata, quel testo sarebbe stato approvato senza intoppi.
Non sorprendiamoci, allora, se in forme diverse e con intenzioni assai divergenti sta crescendo un'offerta politica che ha ben poco a che fare con il Palazzo: che si tratti di Beppe Grillo (sempre più in alto nei sondaggi), del partito «in costruzione» di Oscar Giannino o dei gruppi separatisti che stanno agitando il Veneto. Soprattutto, ormai è chiaro che il primo partito è quello del «non voto»: quello di chi rigetta, schifato, questo sistema largamente dominato da corruzione e privilegi. Difficile dargli torto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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