Milano - Una sorta di processo parallelo, di «processo al processo», che correrà in contemporanea agli sviluppi del caso Ruby, ne verrà condizionato e a sua volta lo condizionerà. Questo rischia di essere il procedimento penale innescato dal tribunale che oltre a condannare Berlusconi ha trasmesso alla Procura gli atti di trentadue deposizioni perché valuti se incriminare i loro autori per falsa testimonianza. Per i giudici, intorno al processo Ruby è stata organizzata una gigantesca opera di depistaggio, sotto la regia di Berlusconi, che ha portato decine di testimoni in aula a mentire sotto giuramento per cercare di sottrarre l'imputato alla condanna.
La trasmissione degli atti alla Procura non è ancora avvenuta materialmente. È possibile che avvenga solo a settembre, quando i giudici depositeranno le motivazioni della condanna. A quel punto sarà il procuratore Edmondo Bruti Liberati a decidere a chi assegnare l'indagine. Ma è quasi inevitabile che a tirarne le fila sarà Ilda Boccassini, il procuratore aggiunto che non era presente in aula alla lettura della sentenza (era in vacanza, pare in Marocco) ma che di certo non considera chiusa qui la partita con Berlusconi. Che i testimoni della difesa avessero raccontato un sacco di bugie, la stessa Boccassini lo aveva affermato durante la requisitoria, e che molte Olgettine fossero destinate a finire iscritte nel registro degli indagati era dato per scontato. Ma l'attacco frontale deciso dai giudici è andato, anche in questo fronte, aldilà delle stesse intenzioni della Procura, costringendola di fatto ad avviare da subito una inchiesta-bis a carico dei trentadue presunti bugiardi.
Ma come si potranno processare e condannare i testimoni fin quando il processo principale non è finito? Cosa sia accaduto davvero alle cene di Arcore lo stabilirà solo la sentenza definitiva della Cassazione, che arriverà chissà quando e che potrebbe arrivare a conclusioni diverse da quelle del tribunale presieduto da Giulia Turri. Fino ad allora, tutte le versioni dei fatti fornite durante il processo a Berlusconi hanno uguale diritto di cittadinanza: sia quelle che accusano il Cavaliere, e che sono state ritenute credibili, sia quelle che hanno cercato di scagionarlo. La Procura lo sa, e per questo avrebbe preferito affrontare il tema più in là.
Invece, subito o a settembre che sia, l'inchiesta bis è destinata a partire. Sotto tiro c'è anche un membro del governo, il viceministro degli esteri Bruno Archi, colpevole di avere confermato in aula che durante l'incontro di Stato tra Berlusconi e Mubarak si parlò effettivamente di Ruby. E c'è, ed è forse la presenza più ingombrante, il commissario di polizia Giorgia Iafrate, oggi capo della sezione criminalità diffusa della Squadra Mobile di Milano, che il 27 maggio 2010 firmò il rilascio di Ruby. La Iafrate oggi lavora nello staff di Alessandro Giuliano, capo della Mobile di Milano, uno degli investigatori di fiducia della Boccassini; a promuoverla fu il questore Alessandro Marangoni, oggi vicecapo della polizia, considerato vicino al centrosinistra (tanto da sfiorare la nomina a capo). Quando in aula aveva tenuto testa a Ilda Boccassini, la Iafrate aveva riscosso la solidarietà in blocco dei colleghi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.