RomaNel giorno dell'incarico zoppo a Bersani, il Movimento 5 Stelle si siede sulla riva del fiume ad aspettare che passi il cadavere del nemico. Grillo, Casaleggio e i loro adepti sanno bene che la strada che potrebbe portare il leader del Pd a Palazzo Chigi è stretta e quasi invisibile e che si prefigura o un governo di larghe intese che toglierebbe voti e credibilità ai democratici; o un ritorno al voto entro pochi mesi, che vorrebbe dire una messe di voti per M5S. Quindi, tutto gioca in favore del tanto peggio tanto meglio, vero slogan criptato di Beppe Grillo. Che però in un'intervista alla tv turca sostiene di sperare di evitare un ritorno alle urne a breve. «Ci sarà un accordo sicuramente tra di loro. Quella che fanno Pd e Pdl è sola una manfrina. Ma ora devono fare un accordo alla luce del sole». Per Grillo, se Pd-Pdl «l'accordo lo fanno sono morti politicamente. Per questo «dicono: Siamo costretti a farlo, dando la responsabilità a noi». Che non ci sia nessuna possibilità di intesa con Bersani lo conferma su Facebook l'ormai irrefrenabile Vito Crimi, capogruppo M5S in Senato: «Nessuna fiducia a un governo di questi partiti né politico né tecnico. È difficile da comprendere? In che lingua dovrei ripeterlo? Quindi pregherei di non forzare le mie parole, nessuna apertura al Pd... nessuna apertura al Pd...».
Ma la verità è che qualche spazio di manovra c'è. L'unica ipotesi remota che gira è quella di un possibile dialogo con il Pd sulle riforme istituzionali. Molti dei parlamentari a cinque stelle ora che Bersani è incaricato pensano che tanto varrebbe siglare un'intesa «a soggetto» con i Dem («sarebbe la morte sua», dice in slang romanesco un anonimo deputato). Una linea minoritaria e lontana dai diktat ufficiali ma che si fa sentire. Come del resto conferma anche il governatore siciliano Rosario Crocetta: «Mi auguro che i grillini dicano di sì anche perché conosco personalmente molti deputati e senatori del M5S che non condividono la scelta dell'Aventino perché capiscono che non dare un governo al Paese significa acuire una crisi profonda». Insomma, un non-partito spaccato al di là delle versioni ufficiali.
Ma ieri è stato anche il giorno in cui è scoppiata la guerra tra Grillo e la comunità ebraica. Tutto è nato da un'intervista al quotidiano israeliano Haaretz in cui il presidente della comunità ebraica italiana Riccardo Pacifici si dice molto preoccupato dell'ingresso del MoVimento 5 Stelle nei palazzi del potere. «Gli ebrei italiani - dice angosciato Pacifici - dovrebbero cominciare a prepararsi lentamente a fare i bagagli per andare in Israele» perché il comico genovese è «ancora più pericoloso dei fascisti (...) perché non ha una piattaforma chiara, non sappiamo quali sono i suoi limiti. Non conosciamo molte delle persone che sono nel movimento, ma sappiamo che ci sono estremisti sia di destra sia di sinistra, fascisti e radicali, e che entrambi sono contro la costituzione, contro la democrazia». C'è poi un'accusa anche al sistema politico italiano che non ha fatto ostruzione contro il MoVimento e in particolare al Pd, che «ha paura di criticare Grillo perché vogliono che Grillo li sostenga al governo».
Parole durissime, che Pacifici in parte smentirà poche ore dopo secondo un costume ormai diffuso («Non ho mai dichiarato che il movimento di Beppe Grillo è peggiore dei fascisti e non l'ho mai pensato. Siamo vigili, però, di fronte ai molteplici commenti che si leggono sui post del suo blog che richiamano alla mente la cultura dell'estrema destra e dell'estrema sinistra. Commenti che spesso sono ostili nei confronti degli ebrei e di Israele»). Grillo da parte sua risponde furioso sul suo blog: «Invito Pacifici a informarsi correttamente prima d'insultare il M5S e la mia persona.
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