Confindustria propone la sua agenda politica Passera: «Serve la crescita»

Confindustria propone la sua agenda politica Passera: «Serve la crescita»

La vera sintesi della transizione di Confindustria tra la vecchia e la nuova presidenza l’ha fatta il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, concludendo il primo giorno di lavori del convegno organizzato a Milano dal Centro studi di Viale dell’Astronomia. «Nessuna scorciatoia», ha sottolineato l’ex numero uno di Intesa Sanpaolo confermando che il governo continua a lavorare a «un piano che metta insieme tutti i motori della crescita, e tutti gli equilibri tra competitività e coesione». Bisognerà trovare «la maniera per quagliare», ha aggiunto. Poi, come si scorrono i grani di un rosario, ha elencato le criticità alle quali bisognerà trovare una soluzione: dal sostegno all’internazionalizzazione ai debiti dello Stato con le aziende, dalla semplificazione normativa (inclusa la corsia preferenziale nel comparto giustizia coi tribunali delle imprese) al costo dell’energia. «Il problema di reputazione che il Paese ha accumulato nel tempo - ha concluso - non si cambia in poche settimane, ma siamo andati nella direzione giusta e prima della scadenza del mandato verrò a rendervi conto» dei risultati. In questa replica «tecnicamente» politica (o politicamente «tecnica») è racchiusa non solo l’agenda del ministro, ma - a grandi linee - anche quella della Confindustria.
Non a caso il titolo del convegno è «Cambia Italia» e lascia pensare più a un programma elettorale che a una piattaforma delle imprese. E non è un caso che si tratti di una scelta effettuata con lo scopo di rimarcare la «continuità» tra la presidenza Marcegaglia e quella del probabilissimo successore Giorgio Squinzi. Il direttore del Centro studi confindustriale, Luca Paolazzi, l’ha chiamato Big bang, ovvero un’attitudine a realizzare riforme strutturali tutte insieme per debellare «il virus della lenta crescita». Dunque non solo pensioni e articolo 18 (vero protagonista della manifestazione) ma cambiamenti a tutto campo per debellare lo status quo. Piccolo particolare, anche Paolazzi è stato «contagiato» dal virus della politica, giacché l’ultima parte dell’intervento è tutta concentrata sulle riforme istituzionali: «maggioranze coese, norme antitrasformismo e superamento del bicameralismo perfetto». Insomma, il Centro Studi non si è occupato solo di sburocratizzazione, diminuzione del carico fiscale sul lavoro e apertura dei mercati - rivendicazioni tipiche degli imprenditori che si lamentano della stagnazione del pil - ma ha manifestato particolare sollecitudine verso il Palazzo invocando quella «continuità nel tempo» che assomiglia a un vero e proprio endorsement a priori dell’esperienza tecnica a Palazzo Chigi. «Con una crescita resa possibile da programmi virtuosi, i partiti dovranno prendere atto» del cambiamento dello scenario, ha spiegato il presidente di Pirelli, Marco Tronchetti Provera.
La fissazione dei cardini sui quali poggiare l’azione «politica» di Confindustria nel medio periodo, il presupposto della «continuità», non solo in relazione al passaggio Marcegaglia-Squinzi, e la sostanziale convergenza con il governo Monti (che oggi a Milano potrebbe approfittare del convegno per un vertice con le parti sociali) sono indicativi di una rotta già tracciata. È singolare, tuttavia, che la platea degli imprenditori si sia scaldata soprattutto per due interventi «eretici». In primo luogo, quello del presidente Abi, Giuseppe Mussari, che ha ricordato come l’azzeramento forzoso delle commissioni bancarie votato dal Parlamento «mette a rischio le fidejussioni per le imprese» contraddicendo il dogma dell’infallibilità dei tecnici.

Applausi ancor più calorosi sono giunti all’economista della Washington University, Michele Boldrin. «Serve il Big bang, ma si è già in ritardo», ha osservato rimarcando come «l’articolo 18 non risolve tutto». Boldrin ha proprio colto il cuore del problema.

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