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Schlein corre dietro a Conte, ma lui blocca. Scontro tra Pd e M5S

Le mosse di Elly Schlein tendono a inseguire Giuseppe Conte sul suo terreno, ma secondo gli esperti non sfonda neppure con una linea più movimentista

Schlein rincorre Conte. Ma le prove di campo largo sono un flop

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Se il M5S propone il salario minimo e strizza l’occhio ai pacifisti, il Pd lo segue a ruota. Se Giuseppe Conte non va al funerale di Silvio Berlusconi, allora Elly Schlein si affretta a rimarcare il suo antiberlusconismo e la sua contrarietà alla giornata di lutto nazionale. Ormai è chiaro a tutti che la segretaria del Pd sta giocando a rincorrere il leader del M5S alla sua sinistra.

“È evidente che la Schlein voglia riportare il partito più vicino alla sua area movimentista e, ovviamente, vuole ricostruire un rapporto col M5S. Un M5S che vede come una costola del Pd e, perciò, cerca di costruire con esso un’alleanza”, spiega il politologo Giovanni Orsina, direttore della Luiss School of Government secondo cui una simile operazione può portare al massimo al 33-35%. Una cifra elevata che, però, secondo Orsina, non le consente di vincere “perché così la Schlein perde tutta la parte del centrosinistra moderato che, magari, è favorevole alla guerra in Ucraina oppure ai termovalorizzatori”. È, infatti, assai difficile che Giuseppe Conte, in vista delle Europee del 2024, lasci alla Schlein il suo spazio politico, composto perlopiù da un elettorato di protesta meridionale. Ma non solo. Tra la copia e l’originale, solitamente, gli italiani scelgono l’originale che, in questo caso, è Conte “anche perché – spiega Orsina - è il M5s che si trova molto più a suo agio su posizioni movimentiste”.

Anche il sondaggista Livio Gigliuto, presidente esecutivo dell’Istituto Piepoli, osserva come Pd e Cinquestelle abbiano elettorati sociodemografici completamente diversi. Quello dei pentastellati è composto perlopiù da giovani che vivono nel Sud e nelle Isole o nelle periferie delle grandi città, mentre quello del Pd vive nel Centro-Nord, dalla Toscana in su, ed è composto da over 35 anni. “Dal punto di vista sociologico, invece, l’elettorato del M5s non è di sinistra ma è ancora un elettorato di protesta, di coloro che non si fidano dei partiti”, spiega Gigliuto che lo contrappone all’elettorato di sinistra iper-politicizzato della Schlein e che sentenzia: “Se è vera questa premessa, non ha senso pestarsi i piedi a vicenda anche perché questo continuo inseguirsi, alla lunga, non favorisce nessuno dei due”. Ma il dato più interessante offerto dal sondaggista dell’Istituto Piepoli è che “forse Conte piace più all’elettorato del Pd di quanto la Schlein piaccia agli elettori del M5S e, quindi, forse, alla fine, è lui che ci può guadagnare di più da questo inseguirsi”. In definitiva, la Schlein è bravissima a parlare al suo elettorato, ma non tocca palla con quello del M5S tanto è vero che “la crescita del Pd si è arrestata tra il 19 e il 20%”, rivela Gigliuto.

Secondo Federico Benini di Winpoll, invece, è “Conte che è in difficoltà perché ha paura che la Schlein occupi troppo il suo spazio elettorale e, perciò, non andando al funerale di Berlusconi, ha voluto dare un segno di discontinuità”. Il politologo Edoardo Novelli, invece, non vede questo inseguimento dei due leader di sinistra e ricorda: “Tra il M5S e il Pd c’è sempre stato una sorta di pendolo. Inizialmente, Grillo voleva iscriversi al Pd, ma gli fu detto: “no, grazie”. Poi, Grillo fondò i Cinquestelle che vinsero le elezioni del 2013. A quel punto è Bersani che apre nella famosa diretta streaming con Crimi e Taverna, ma in quel caso sono i Cinquestelle a chiudergli la porta. E si è andati avanti così anche nel 2018 quando la chiusura fu di Grillo nei confronti di Renzi, mentre poi fu Letta a chiudere a Conte che aveva fatto cadere il governo Draghi”. Oggi, in teoria, è la Schlein che sembra aprire in un’ottica di collaborazione tra forze d’opposizione, ma i Cinquestelle respingono l’offerta.

“C’è sempre uno dei due che ha l’idea che gli convenga smarcarsi o inseguire l’altro sui suoi temi, ma senza mai andare verso una convergenza”, chiosa Novelli che vede il ‘capo largo’ come un’ipotesi ancora molto lontana perché “ora tutti stanno coltivando il proprio bacino elettorale in vista delle Europee”.

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