Copioni di talento alla riscossa: i loro capolavori sono da museo

Anche l'emiro del Qatar conquistato dal fascino dei "plagiatori": un padiglione della sua collezione dedicato alle riproduzioni d'autore. Che valgono milioni

Copioni di talento alla riscossa: i loro capolavori sono da museo

In campo pittorico c'è chi è costretto a copiare perché è una nullità e c'è chi decide di copiare perché è un genio. La differenza non è da poco. Alla prima categoria appartengono i tanti poveretti che si sentono Mondrian solo perché anche loro dipingono quadrati colorati; alla seconda categoria appartengono i pochissimi eletti cui Dio ha donato in uguale misura talento tecnico e «umiltà»: termine, quest'ultimo, da intendere come ulteriore indice di grandezza, capace di sublimare la «sindrome di Elmyr de Hory».

Chi è Elmyr de Hory? Il più celebre contraffattore della storia dell'arte, specializzato nel copiare perfettamente (c'è chi dice meglio dell'originale) tele di Van Dongen, Modigliani, Picasso, Dufy, Derain, Matissee...: quanti musei sono certi di non avere un suo quadro nella sezione dedicata ai fauves e ai postimpressionisti? Elmyr, scomparso nel 1977, è tra i protagonisti del film di Orson Welles F come Falso: una rarità per cinefili del 1973. La pellicola narra diverse storie di quadri e critici che scambiano opere contraffatte per vere: qui giganteggiano i virtuosismi di de Hory che oggi viene - a sua volta - falsificato, come in una sorta di legge del contrappasso figliastra dell'arte-duplicativa; una capacità copistica talmente innata da aver trasformato Elmyr nel re dei replicatori da museo. Una gloria condivisa con pochissimi altri sublimi «ladri» d'arte, tra cui l'olandese Han van Meegeren. Un effetto-domino, questo della «bottega dei plagiatori», che sta cominciando a intrigare i grandi collezionisti. Dalla ucraina Luba Mikhailova, che ha trasformato una fabbrica di materiali isolanti di Donetsk in un museo di arte contemporanea, al brasiliano Bernardo Paz, che ha realizzato un museo a cielo aperto da 500 milioni di dollari. Per non parlare dell'ucraino Victor Pinchuk e dei cinesi Wang Wei e Liu Yiqian: un terzetto che ha accumulato opere d'arte per circa un miliardo di dollari. Spiccioli per la figlia dell'emiro del Qatar, Mayassa Al Thani che un miliardo di dollari in opere d'arte li investe non nel corso di un'intera vita bensì ogni anno.

Ed è proprio la figlia dell'emiro del Quatar a mostrarsi la più appassionata verso la nuova tendenza dei capolavori «veramente falsi»; Mayassa così entusiasta che pare voglia dedicare un padiglione del nuovo Museo del Qatar proprio ai divini «ripetitori» Elmyr de Hory, Han van Meegeren e ai loro migliori discepoli. Sarebbe la prima volta che dei quadri «dichiaratamente falsi» entrano, con tutti gli onori, in uno dei musei giudicati tra i più belli e ricchi del mondo.

«Nessuna scuola artistica verrà trascurata», sottolinea Mayassa Al Thani, che stravede per Cézanne: l'anno scorso si è aggiudicata all'asta I giocatori di carte per la modica cifra di 250 milioni di dollari. Qualcuno ipotizza possa trattarsi di un falso, magari proprio di Elmyr de Hory.

Rilanciando così la vecchia domanda: quando scatta il limite tra vero e falso? E chi stabilisce (i critici, il mercato, la firma, il pubblico) quando un'opera è vera e quando è falsa? Picasso diceva che «l'arte è una menzogna che ci fa comprendere la realtà».

Ma la comprensione della realtà aumenta se la menzogna diventa un'arte?

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