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Così l’Imu mette in crisi le famiglie e le imprese

La nuova imposta è un rebus: le aliquote possono cambiare. Ma a giugno si pagherà la quota massima in tutti i Comuni. IMU: CALCOLA LA TUA RATA

Così l’Imu mette in crisi  le famiglie e le imprese

Roma - Una tassa, dieci contraddizioni. Ecco uno per uno tutti i punti deboli della nuova tassa sugli immobili che ha visto ufficialmente la luce martedì con il via libero definitivo al decreto legge fiscale che la comprende.

1) Ma quale federalismo. Imu è la sigla di Imposta municipale unica, cardine del nuovo federalismo fiscale. Peccato però che, come fatto notare dai sindaci, l’autonomia delle amministrazioni locali si riduca al possibile ritocco dell’aliquota base dello 0,76 per cento entro una forbice fissata tra lo 0,40 e l’1,06. Un eventuale sconto, peraltro, andrebbe a intaccare esclusivamente la quota dell’imposta che finisce nelle tasche comunali, senza incidere su quella destinata allo Stato. Di fatto i sindaci si sentono esattori per conto dello Stato, con la beffa di metterci loro la faccia. Non è un caso che, nei Comuni in cui a maggio si andrà al voto, l’eventuale ritocco dell’aliquota Imu sarà deciso e reso noto dopo il voto, per evitare contraccolpi elettorali.

2) Un rebus quasi insolubile. Un record la nuova Imu l’ha già ottenuto: quello di essere probabilmente l’imposta più complicata e cervellotica della storia, alla faccia della semplificazione fiscale. Intanto per la decisione di pagare l’acconto - calcolo relativamente semplice - prima di sapere l’ammontare totale del balzello, avendo i Comuni e lo Stato la possibilità di modificare l’aliquota entro il 30 novembre i primi e addirittura entro il 10 dicembre il secondo. Poi per la possibilità di suddividere in due o tre rate. Quindi per la difficoltà a calcolare l’ammontare vero e proprio, che renderà l’Imu un’equazione di secondo grado. Considerando che Stato e Comuni sono in possesso di tutti i nostri dati anagrafici e catastali, non potrebbero inviarci un bollettino precompilato con la cifra precisa da pagare evitando di delegarci il lavoro di contabilità che non ci appartiene?

3) Il pasticcio dei Comuni generosi. Un’ulteriore complicazione, che sa di beffa, è che anche nei Comuni che hanno già deliberato per la prima casa un’aliquota più favorevole rispetto al 4 per mille, o addirittura l’esenzione, si dovrà pagare l’acconto a giugno con quest’aliquota, salvo il conguaglio con rimborso di fine anno.

4) Impossibilità di programmare. L’incertezza sull’ammontare finale dell’imposta non ci rende solo più complicata la vita, ce la rende anche più agra. Famiglie e imprese infatti hanno la necessità di programmare il proprio bilancio - piccolo o grande che sia - anche in funzione delle gabelle. E l’incertezza costringe gli uni e gli altri - o almeno i più previdenti - a fare i propri programmi in funzione delle ipotesi peggiori. Ciò che probabilmente finirà per avere un effetto ulteriormente depressivo sui consumi e quindi sull’utopia della crescita economica.

5) Agricoltura in ginocchio. Tra i settori economici più colpiti dall’Imu c’è l’agricoltura, che in Italia dà lavoro a tre milioni di persone. Ebbene, Confagricoltura ha calcolato che la tassazione di capannoni, stalle, fienili, depositi, locali spesso fatiscenti e inutilizzati - tutti beni che fanno parte del patrimonio ma spesso non producono reddito - potrebbe portare a un aumento dei costi per le piccole aziende fino al 300 per cento. Il conto da pagare per l’intero settore sarà di 1,5 miliardi di euro. Ma saranno i più piccoli a essere strangolati. Unica agevolazione prevista in extremis, la misura ridotta del moltiplicatore Imu, pari a 110, per i terreni non coltivati e per i terreni agricoli di proprietà di coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola.

6) E gli artigiani? Pure. Altro settore strategico per l’economia italiana colpito duro dall’Imu. Il centro studi di Confartigianato ha calcolato che la tassazione di laboratori e capannoni come fossero ville o appartamenti in centro può costare fino a 5mila euro l’anno per le piccole imprese artigiane, quando il conto dell’Ici era circa tre volte più piccolo. Senza nemmeno poter sperare nell’applicazione delle detrazioni spettanti solo alla prima casa e pertinenze.

7) Mercato immobiliare soffocato. È un paradosso economico quello di aumentare, come si progetta di fare, le rendite castali, e quindi il valore teorico degli immobili, nel momento in cui il varo dell’Imu rischia di far crollare del 20 per cento, come ha calcolato il Censis, il valore reale degli immobili.

8) Scompaiono (o quasi) gli affitti. Una delle storture più gravi dell’Imu è la mancata previsione di agevolazioni per le seconde case affittate rispetto a quelle sfitte, come chiesto più volte da Confedilizia. Aliquote più basse potranno essere decise facoltativamente dai Comuni. Eppure agevolare i proprietari che applicano canoni calmierati sarebbe costato solo 40 milioni. In questo modo i proprietari saranno indotti a recedere dall’affitto, oppure ad aumentare il canone o ad affittare in nero o addirittura a vendere le seconde case, creando un effetto a catena mortale per il mercato degli affitti.

9) Vecchietti penalizzati. Uno dei risvolti più odiosi dell’Imu è lo sbianchettamento rispetto alla vecchia Ici delle agevolazioni per gli anziani proprietari che abbiano spostato la residenza in una casa di riposo o per i disabili ricoverati. Eventuali «sconti» potranno essere decisi a loro spese dai Comuni. Un modo per colpire una fascia di popolazione già debole.

10) L’ingiustizia dell’«esproprio proprietario». L’Imu è in qualche modo un’imposta espropriativa, perché erode ogni anno il valore del bene a cui si applica. Gran parte degli italiani ha acquistato la casa in cui vive facendo sacrifici, risparmiando ogni anno sulla parte dei redditi scampata all’Irpef. Tassare il frutto di questo risparmio è in qualche modo una doppia imposta sul reddito. Quanto all’ipotesi che l’acquisto dell’immobile sia un investimento reso possibile dall’evasione fiscale è naturalmente quanto mai reale.

Ma darla per scontata è naturalmente aberrante.

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