L'avvertimento è chiaro: qui comandiamo noi e abbiamo deciso che Silvio Berlusconi deve uscire dalla politica, subito e per sempre. Così ieri, in contemporanea, le procure che da anni fanno politica attiva - Palermo e Milano - hanno inviato due messaggi precisi. Il primo è diretto al presidente Napolitano, casomai gli venisse in mente, come trapelato nelle ultime ore, di concedere una qualsivoglia forma di grazia all'illustre condannato. Il pizzino dissuasore ha la forma di un ordine di comparizione presso la corte di Assise di Palermo, in qualità di testimone, dove è in corso il processo sulla fantomatica trattativa Stato-mafia. Uno sfregio, una umiliazione (anche una vendetta del povero Ingroia) visto che fino ad ora mai un capo dello Stato in carica era stato chiamato alla sbarra.
Il secondo avvertimento è stato inviato direttamente a Berlusconi, con l'annuncio dell'apertura a Milano di un nuovo processo - il terzo - sul cosiddetto caso bunga bunga. Evidentemente i pm di Magistratura democratica pensavano di aver chiuso la pratica con l'uno-due di questa estate, prima la condanna definitiva per una inverosimile evasione fiscale, poi il salasso economico del maxi risarcimento a De Benedetti. E invece niente. Quello, Berlusconi, è ancora in piedi, manco fosse l'Ercolino, fortunato protagonista dello spot della Galbani Anni Sessanta, che dondola dondola e mai cade giù. Ma siccome dopo 18 anni di accanimento il barile era stato raschiato, che fare? Semplice: rimettere in scena il caso Ruby, cioè il gossip elevato a caso giudiziario che piace tanto ai moralisti alla Santoro. Che non per nulla ieri sera, nella puntata di Servizio Pubblico, ci si è buttato a pesce con una chicca di giornalismo spazzatura.
Come dire: voi non vi arrendete? Allora noi vi facciamo un mazzo così. Siamo all'uso privato della giustizia. Se ne è accorta anche l'Europa che, sul tema, ha aperto ben due procedure di infrazione contro l'Italia.
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