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La partita in aula non è chiusa: Boccassini rischia il ko su Ruby

Il decreto Severino offre chance alla difesa sulla concussione: la pm lo sa e lunedì attaccherà sulla telefonata alla questura

La partita in aula non è chiusa: Boccassini rischia il ko su Ruby

Ripartono: ma con una strada non priva di ostacoli, e senza la certezza di arrivare in tempi brevi alla condanna di Silvio Berlusconi. I processi milanesi al Cavaliere schivano ieri il trasferimento d'autorità a Brescia; la Procura e i giudici milanesi vedono riconosciuta la loro imparzialità dalla Cassazione; il tentativo dell'ex premier di alzare il livello dello scontro con la magistratura esce oggettivamente sconfitto. Questo però non significa che le possibilità di Berlusconi di uscire incolume dalle aule dei processi Ruby e diritti tv si siano improvvisamente azzerate. Lo scontro tra accusa e difesa torna ad essere uno scontro più tradizionale. E i legali del Cavaliere si preparano a giocare anche qui fino in fondo la loro partita, sapendo che esistono spazi, per quanto risicati, di evitare le due condanne.

Ne è consapevole, d'altronde, la stessa Procura della Repubblica, che - dopo la decisione di ieri della Cassazione - sta preparando la ripresa del processo Ruby. È qui che si gioca, soprattutto, la sorte di Berlusconi, perché una condanna per le «cene eleganti» di Arcore avrebbe un impatto politico e di immagine devastante. E qui la Procura sa di avere davanti un ostacolo non da poco per quanto riguarda la più pesante delle due accuse mosse all'ex premier: la concussione che avrebbe commesso ai danni dei funzionari della questura di Milano con la telefonata che, la notte del 27 maggio 2010, portò al rilascio di Kharima el Mahroug, alias Ruby. Ma la legge anticorruzione varata dal governo Monti ha profondamente cambiato la norma sulla cosiddetta concussione «per induzione», prevedendo che anche le vittime siano punibili, ma anche restringendo gli spazi per punire l'autore delle pressioni. In pratica, con la legge attuale i tre funzionari della questura che rilasciarono Ruby sarebbero stati anche loro incriminati, ma nei loro confronti la legge non può essere retroattiva. Invece per Berlusconi, in quanto più favorevole, la legge vale. E se non si dimostra che le pressioni sui funzionari furono chiaramente percepite da questi ultimi, il Cavaliere deve essere assolto.

I rischi aperti dal decreto Severino (che anche la Cassazione ha evidenziato in una recente relazione) sono ben chiari a Ilda Boccassini, il procuratore aggiunto che lunedì prossimo prenderà la parola per concludere la requisitoria del processo Ruby. Il tema di quanto avveniva ad Arcore è già stato affrontato e sviscerato dal suo collega Antonio Sangermano, che ha parlato di un «sistema prostitutivo» destinato a esaudire la «concupiscenza sessuale» del padrone di casa. Alla Boccassini toccherà lunedì affrontare il tema della telefonata e della sua qualificazione giuridica. Sembrava, all'inizio del processo, la parte più facile, se non altro perché la telefonata vi fu e Berlusconi la ammette. Ma ora la nuova legge cambia le carte in tavola. E in Procura sono preoccupati.

Così diventa cruciale, per scongiurare del tutto il rischio che anche stavolta Berlusconi se la cavi, l'altro processo, quello d'appello per i diritti tv. Prossima udienza domani, e in teoria la possibilità che già sabato si arrivi alla sentenza che potrebbe confermare i quattro anni di carcere per frode fiscale inflitti in primo grado e, soprattutto, l'interdizione per cinque anni dai pubblici uffici, cariche parlamentari comprese. Qui la Corte ha già dimostrato di voler andare rapidamente alla sentenza, tanto da mandare i medici fiscali a visitare l'imputato quando era ricoverato in ospedale. Ma anche qua un sassolino potrebbe andarsi a infilare negli ingranaggi dell'accusa: la decisione della Corte Costituzionale che deve stabilire se fu legittimo, durante il processo di primo grado, fare udienza il 1 marzo 2010 anche se quel giorno Berlusconi era impegnato in Consiglio dei ministri. La Consulta doveva sciogliere il nodo il mese scorso, poi - vista la diversità di opinioni tra i giudici - la sentenza è slittata, ma potrebbe arrivare da un momento all'altro. E se dovesse dare ragione al ricorso del governo, le conseguenze sul processo sarebbero telluriche: si ritornerebbe indietro, al primo processo.

E la sentenza verrebbe azzerata.

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