Mi sono sempre chiesto: di che reato è chiamato a rispondere Marcello Dell’Utri? Cosa ha fatto in favore della mafia? Ieri abbiamo avuto finalmente una risposta. Non lo sanno neanche i magistrati che lo accusano. Il procuratore generale della Cassazione, con sconcerto rileva l’astrazione dell’accusa, propriamente un pregiudizio. Non risulta definito, infatti, il reato ed è evidente la mancanza di motivazione e la mancanza di specificazione della condotta contestata a Dell’Utri: «L’accusa non viene descritta, il dolo non è provato, precedenti giurisprudenziali non ce ne sono e non viene mai citata la sentenza Mannino della Cassazione, che è un punto imprescindibile in processi del genere... essere referente o il terminale politico della mafia, non significa nulla: non si fanno così i processi, si devono descrivere i fatti in concreto». Appunto. Chissà perché la sostanza delle accuse contro la persona colta e amica di Umberto Eco e di Oliviero Diliberto deve essere fumosa, indefinita. Aria di mafia,giusto perché Dell’Utri è nato in Sicilia. Ciò che si voleva colpire con Dell’Utri non era un’azione mafiosa, un appalto, una pressione, una corruzione, ma una predisposizione psicologica supposta, cercando con vaghe e suggestive formule, da parte dell’accusa,di ottenere una condanna per un non meglio definito «concorso esterno in associazione mafiosa».Cosa vuol dire concorso esterno? Un reato che prescinde dai fatti e prevede una intesa piuttosto emotiva che reale? In realtà da 18 anni una magistratura infedele alla Costituzione ha cercato di far pagare a Dell’Utri il suo ruolo politico per inquinare alle fondamenta il partito fondato da Berlusconi e organizzato da Dell’Utri. Appare enorme, alla luce di anni di persecuzione giudiziaria, da intendere come un vero e proprio stalking con l’obiettivo di screditare una personalità politica, che il procuratore generale Iacoviello abbia indicato una palese deficienza del rispetto dei diritti civili nei confronti di Dell’Utri.
Una accusa grave e pesante che riconosce nell’impostazione della Procura generale di Palermo un grave pregiudizio, un inquinamento politico dell’azione giudiziaria: «Nessun imputato deve avere più diritti degli altri, ma nessun imputato deve avere meno diritti degli altri:e nel caso di Dell’Utri non è stato rispettato nemmeno il principio di ragionevole dubbio ». Nemmeno i tribunali fascisti avevano mostrato un tale disprezzo per la giustizia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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