Caso Sallusti

Il direttore scrive al giudice: "Perché voglio andare in cella"

Depositata la nuova richiesta di Sallusti: "Non cerco alcun privilegio". Giovedi in tribunale per l'udienza. Ma il giudice Brambilla non deciderà prima del weekend

Il direttore scrive al giudice: "Perché voglio andare in cella"

Milano - Poche righe nero su bianco, per dire al suo giudice quello che ha già detto a tutta Italia: Alessandro Sallusti non ci sta. Non vuole scontare la sua pena agli arresti domiciliari nella bella casa di via Soresina. Lo ha dimostrato con i fatti sabato scorso, uscendo sulla soglia e facendosi così arrestare per evasione. Lo mette per iscritto ieri mattina nella lettera che i suoi difensori consegnano al giudice di sorveglianza Guido Brambilla.

«Signor Giudice - scrive “con osservanza” il direttore del Giornale - ho ricevuto la notifica del provvedimento emesso nei miei confronti con il quale mi è stato concesso di espiare la pena detentiva per cui sono stato condannato presso il mio domicilio. Le chiedo tuttavia di voler revocare questa Sua decisione, non avendo io richiesto alcun beneficio o misura alternativa ed essendo il mio caso stato additato dalla stampa quale frutto di una condizione privilegiata rispetto a quella di altri condannati verso i quali l'applicazione della detenzione domiciliare non è stata richiesta o concessa. In tal senso, pertanto, Le chiedo di voler provvedere».

È la seconda volta, da quando la sua condanna a quattordici mesi per diffamazione è diventata definitiva, che Sallusti formalizza il suo rifiuto a trattamenti di favore. Lo aveva fatto il 23 ottobre scorso, quando per la prima volta gli era stato notificato l'ordine di arresto, e aveva scritto al procuratore Edmondo Bruti Liberati di non avere alcuna intenzione di chiedere misure alternative al carcere: ma Bruti aveva ugualmente sospeso l'esecuzione della pena. E si era innescata la lunga partita - più simile a un surplace tra ciclisti che a un vero e proprio braccio di ferro - tra il giornalista, che puntava a rendere visibile l'assurdità della sua condanna, e la Procura della Repubblica che traccheggiava, nella speranza che o la politica o il Quirinale smontassero il caso. Nulla di tutto ciò è avvenuto. È arrivato l'arresto di Sallusti in diretta tv, nel cuore della redazione, durante la riunione del mattino di sabato. E ora a dover sciogliere il nodo è il giudice Guido Brambilla.

Cosa deciderà il giudice? Accontenterà - per così dire - Sallusti, revocandogli gli arresti domiciliari e spedendolo a San Vittore? O resterà sulle sue posizioni, ritenendo che i domiciliari non siano un riguardo ma una doverosa applicazione della legge varata per svuotare un po' le carceri? In ogni caso la decisione non dovrebbe essere imminente. Brambilla ha fatto sapere di essere carico di fascicoli qualunque, e quindi difficilmente deciderà prima del weekend.

Fino ad allora, il direttore del Giornale si è impegnato a rispettare le regole imposte da Brambilla, uscendo di casa solo tra le 10 e le 12 «per soddisfare le proprie indispensabili esigenze di vita». Nel dubbio se il lavoro sia ricompreso tra queste esigenze, Sallusti ieri ha preferito non venire in redazione. Ma è rimasto in contatto telefonico con i suoi «vice», come il decreto del giudice gli consente, ha dato le sue indicazioni. E lo stesso continuerà a fare in questi giorni, in attesa che Brambilla decida. O che - come i rumors dalla Capitale fanno ipotizzare - non sia il presidente Napolitano a chiudere il caso.

Prima della decisione del giudice di Sorveglianza, però, arriverà il nuovo processo scaturito dall'arresto in diretta: il giudizio per direttissima per evasione, fissato per dopodomani davanti al giudice Carlo Cotta. Una condanna (il reato è punito col carcere da sei mesi a un anno) potrebbe appesantire sgradevolmente la posizione processuale di Sallusti.

Ma i suoi difensori, video alla mano, puntano a dimostrare che il giornalista in realtà è stato fermato prima ancora di allontanarsi di casa.

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